L'Uomo Tigre
(Tiger Mask)
di Naoki Tsuji, disegni
e Ikki Kajiwara, storia
prima edizione giapponese: 1969
n. 1, mensile
brossurato, 192 pp. b/n
€ 4,50
Planet Manga
Dell'Uomo Tigre sono un perfetto novellino.
Non ho acquistato i volumi SaldaPress per mere considerazioni economiche, non ho mai seguito l'anime in tv, ne ho viste soltanto sporadiche puntate che però sono bastate a instillarmi simpatia per la serie e il personaggio e specialmente mi piaceva quell'atmosfera di miseria materiale e di decadenza che traspariva dalle immagini: case poverissime e pressoché prive di qualsiasi arredamento, persone brutte al limite della deformità, smorfie parossistiche su volti stravolti dal dolore.
.
Mi piacevano anche i combattimenti, con quegli strani e arditi punti di vista.
Dopo aver acquistato il manga ho deciso di rivedere le prime puntate dell'anime e tra i due media la mia preferenza va tutta e decisamente al fumetto.
.Tornando al manga, non sapevo dell'uscita di questa edizione - più economica - da parte di Planet Manga/Panini Comics: l'ho visto per caso in edicola mentre aspettavo che Giuseppe mi desse il resto per l'ultimo fascicolo di Michel Vaillant.
L'acquisto di questo primo numero de L'Uomo Tigre mi ha molto soddisfatto.
Un'ora di appassionante lettura in cui si alternano violenza insensata, disegni bear-friendly, tenere gag piene di bontà, malavita giapponese, situazioni strappalacrime, disegni "datati" per i quali provo una semi-feticistica attrazione... non credo annovererei L'Uomo Tigre tra i capolavori senza tempo, ma è senz'altro un classico e ne diventerò lettore fedele.
Disegni "datati", dicevo, ma questa definizione è grossolana e inesatta: si tratta di uno stile di disegno che è presente tutt'oggi in molte produzioni nipponiche, uno dei molti stili sottesi nel generico termine "manga".
Il disegno è l'elemento di maggiore differenziazione tra il manga e l'anime: il senso di estrema decadenza, che tanto mi aveva colpito e affascinato nell'anime, è se non assente perlomeno assai mitigato nel manga, sia perché in esso gli sfondi e le caratterizzazioni dei personaggi sono molto curati - se ne può avere un'idea guardando le immagini a corredo di queste righe - sia perché la stessa costruzione della tavola, che è densissima di vignette che a loro volta sono piene di particolari, è quanto più lontano possibile dalla povertà, o dall'essenzialità se si preferisce, che caratterizza il cartone animato.
I disegni di Naoki Tsuji sono anatomicamente corretti e rispettano molti degli stilemi del "manga" così come lo intendiamo in Occidente, ad esempio il grande uso di linee cinetiche, la comparsa di goccioloni di sudore sui volti per indicare tensione o paura, la caratterizzazione "buffa" dei volti e dei corpi infantili.
.
Contemporaneamente, sono del tutto assenti, almeno in questo primo volumetto, alcune caratteristiche che (perché, poi?...) fanno tanto irritare i più retrivi - e generalmente disinformati - detrattori dei manga: niente uso del super-deformed, né esasperazione delle espressioni, né uso massiccio delle "teste parlanti".
.
Quindi oltre alla storia di Ikki Kajiwara, che è avvincente e densa di situazioni, L'Uomo Tigreè dunque un manga che potrebbe piacere a moltissimi potenziali lettori che difficilmente si avvicinano al fumetto giapponese a causa di pregiudizi, diciamo così, "grafici".
La storia contenuta in questo primo volume inizia in medias res: il misterioso lottatore Uomo Tigre, così chiamato per via della maschera da tigre che indossa per coprire la sua vera identità, sta combattendo nell'arena del Madison Square Garden di New York.
Il combattimento è cruentissimo, il sangue scorre, non c'è ombra di correttezza tra i lottatori e colpi proibiti vengono usati a profusione; il misterioso uomo mascherato gode dell'odio che il pubblico gli riserva, anzi viene da lui stesso aizzato ad odiarlo ancora di più.
Il demone giallo, così chiamato dal colore della sua pelle per il quale tra l'altro se ne intuisce la nazionalità (?), si trasferisce dunque in Giappone.
.
Ad attenderlo all'aeroporto ci sono i massimi esponenti del wrestling professionistico Giapponese: il gigante Baba, il signor Yoshimura e Antonio Inoki, che tentano di far ragionare l'Uomo Tigre affinché abbandoni le sue scorrettezze e la sua malvagità sul ring.
L'Uomo Tigre non si lascia convincere e ricominciano i combattimenti all'insegna delle più efferate scorrettezze, al punto che il nostro viene puntualmente squalificato, dopo aver letteralmente distrutto l'avversario.
.
Un gruppo di bambini di un orfanotrofio elegge però l'Uomo Tigre a proprio eroe, nonostante i piccoli orfani vengano redarguiti dalla dolce Ruriko, peraltro unica figura femminile presente in questo numero del manga.
Esiste, naturalmente, uno strettissimo collegamento tra l'orfanotrofio e l'Uomo Tigre, come verrà in seguito rivelato dallo svolgersi della storia (che chi ha seguito l'anime ricorderà certamente: l'identità "segreta" dell'Uomo Tigre viene svelata quasi subito allo spettatore, e lo stesso è per il manga).
.
Ma a questo punto siamo soltanto all'inizio della storia... che prosegue, avvincente in ogni pagina: c'è l'ambiguità del comportamento del protagonista: spietato, crudele, scorretto e bestiale quand'è Uomo Tigre sul ring, ma dolcissimo e (fintamente) debole e imbranato nella vita reale, cioè nei rapporti coi bambini dell'orfanotrofio e con Ruriko; c'è lo scontro con la malavita giapponese, gestito in modo astuto da parte del "debole" Uomo Tigre (in borghese, naturalmente); ci sono i più che fondati sospetti di Ruriko sulla reale identità dell'Uomo Tigre e soprattutto comincia il mortale conflitto con la misteriosa organizzazione Tana delle Tigri.
La storia scorre veloce e intensa e non ha mai tempi morti, risultato di una sceneggiatura serrata ed esperta, concentrata sull'effetto della violenza dei combattimenti e sui rischi e i pericoli che l'eroe corre per proteggere se stesso e i più deboli, e anche sull'ambiguità del doppio ruolo che l'eroe mascherato si trova costretto a vivere, sorretta da buone se non ottime caratterizzazioni dei personaggi e dei deuteragonisti e disegnata in modo accattivante e piacevole.
.
Credo che il suo essere "datato", che non significa "vecchio", dia al manga dell'Uomo Tigre una marcia in più, un ulteriore fattore di fascino che può colpire positivamente sia vecchi fan che giovani novellini, tra i quali - con l'esclusione del "giovani" - si annovera anche il sottoscritto.
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(Tiger Mask)
di Naoki Tsuji, disegni
e Ikki Kajiwara, storia
prima edizione giapponese: 1969
n. 1, mensile
brossurato, 192 pp. b/n
€ 4,50
Planet Manga
Dell'Uomo Tigre sono un perfetto novellino.
Non ho acquistato i volumi SaldaPress per mere considerazioni economiche, non ho mai seguito l'anime in tv, ne ho viste soltanto sporadiche puntate che però sono bastate a instillarmi simpatia per la serie e il personaggio e specialmente mi piaceva quell'atmosfera di miseria materiale e di decadenza che traspariva dalle immagini: case poverissime e pressoché prive di qualsiasi arredamento, persone brutte al limite della deformità, smorfie parossistiche su volti stravolti dal dolore.
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Mi piacevano anche i combattimenti, con quegli strani e arditi punti di vista.
Dopo aver acquistato il manga ho deciso di rivedere le prime puntate dell'anime e tra i due media la mia preferenza va tutta e decisamente al fumetto.
.Tornando al manga, non sapevo dell'uscita di questa edizione - più economica - da parte di Planet Manga/Panini Comics: l'ho visto per caso in edicola mentre aspettavo che Giuseppe mi desse il resto per l'ultimo fascicolo di Michel Vaillant.
Un'ora di appassionante lettura in cui si alternano violenza insensata, disegni bear-friendly, tenere gag piene di bontà, malavita giapponese, situazioni strappalacrime, disegni "datati" per i quali provo una semi-feticistica attrazione... non credo annovererei L'Uomo Tigre tra i capolavori senza tempo, ma è senz'altro un classico e ne diventerò lettore fedele.
Il disegno è l'elemento di maggiore differenziazione tra il manga e l'anime: il senso di estrema decadenza, che tanto mi aveva colpito e affascinato nell'anime, è se non assente perlomeno assai mitigato nel manga, sia perché in esso gli sfondi e le caratterizzazioni dei personaggi sono molto curati - se ne può avere un'idea guardando le immagini a corredo di queste righe - sia perché la stessa costruzione della tavola, che è densissima di vignette che a loro volta sono piene di particolari, è quanto più lontano possibile dalla povertà, o dall'essenzialità se si preferisce, che caratterizza il cartone animato.
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Sospetti sull'identità segreta dell'Uomo Tigre |
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Contemporaneamente, sono del tutto assenti, almeno in questo primo volumetto, alcune caratteristiche che (perché, poi?...) fanno tanto irritare i più retrivi - e generalmente disinformati - detrattori dei manga: niente uso del super-deformed, né esasperazione delle espressioni, né uso massiccio delle "teste parlanti".
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Quindi oltre alla storia di Ikki Kajiwara, che è avvincente e densa di situazioni, L'Uomo Tigreè dunque un manga che potrebbe piacere a moltissimi potenziali lettori che difficilmente si avvicinano al fumetto giapponese a causa di pregiudizi, diciamo così, "grafici".
La storia contenuta in questo primo volume inizia in medias res: il misterioso lottatore Uomo Tigre, così chiamato per via della maschera da tigre che indossa per coprire la sua vera identità, sta combattendo nell'arena del Madison Square Garden di New York.
Il combattimento è cruentissimo, il sangue scorre, non c'è ombra di correttezza tra i lottatori e colpi proibiti vengono usati a profusione; il misterioso uomo mascherato gode dell'odio che il pubblico gli riserva, anzi viene da lui stesso aizzato ad odiarlo ancora di più.
Il demone giallo, così chiamato dal colore della sua pelle per il quale tra l'altro se ne intuisce la nazionalità (?), si trasferisce dunque in Giappone.
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Ad attenderlo all'aeroporto ci sono i massimi esponenti del wrestling professionistico Giapponese: il gigante Baba, il signor Yoshimura e Antonio Inoki, che tentano di far ragionare l'Uomo Tigre affinché abbandoni le sue scorrettezze e la sua malvagità sul ring.
L'Uomo Tigre non si lascia convincere e ricominciano i combattimenti all'insegna delle più efferate scorrettezze, al punto che il nostro viene puntualmente squalificato, dopo aver letteralmente distrutto l'avversario.
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Un gruppo di bambini di un orfanotrofio elegge però l'Uomo Tigre a proprio eroe, nonostante i piccoli orfani vengano redarguiti dalla dolce Ruriko, peraltro unica figura femminile presente in questo numero del manga.
Esiste, naturalmente, uno strettissimo collegamento tra l'orfanotrofio e l'Uomo Tigre, come verrà in seguito rivelato dallo svolgersi della storia (che chi ha seguito l'anime ricorderà certamente: l'identità "segreta" dell'Uomo Tigre viene svelata quasi subito allo spettatore, e lo stesso è per il manga).
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Ma a questo punto siamo soltanto all'inizio della storia... che prosegue, avvincente in ogni pagina: c'è l'ambiguità del comportamento del protagonista: spietato, crudele, scorretto e bestiale quand'è Uomo Tigre sul ring, ma dolcissimo e (fintamente) debole e imbranato nella vita reale, cioè nei rapporti coi bambini dell'orfanotrofio e con Ruriko; c'è lo scontro con la malavita giapponese, gestito in modo astuto da parte del "debole" Uomo Tigre (in borghese, naturalmente); ci sono i più che fondati sospetti di Ruriko sulla reale identità dell'Uomo Tigre e soprattutto comincia il mortale conflitto con la misteriosa organizzazione Tana delle Tigri.
La storia scorre veloce e intensa e non ha mai tempi morti, risultato di una sceneggiatura serrata ed esperta, concentrata sull'effetto della violenza dei combattimenti e sui rischi e i pericoli che l'eroe corre per proteggere se stesso e i più deboli, e anche sull'ambiguità del doppio ruolo che l'eroe mascherato si trova costretto a vivere, sorretta da buone se non ottime caratterizzazioni dei personaggi e dei deuteragonisti e disegnata in modo accattivante e piacevole.
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Credo che il suo essere "datato", che non significa "vecchio", dia al manga dell'Uomo Tigre una marcia in più, un ulteriore fattore di fascino che può colpire positivamente sia vecchi fan che giovani novellini, tra i quali - con l'esclusione del "giovani" - si annovera anche il sottoscritto.
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