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THOR

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THOR

di Jason Aaron (testi) e
Russel Dauterman (disegni)






mensile, 48 pag. colore


euro 2,90

Panini Comics




"Chiunque impugnerà questo Martello, se ne sarà degno, avrà il potere di... THOR!"


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Thor (con i Fantastici Quattro)è stato un "evento" che ha mutato per sempre la mia vita.
I suoi albi da 48 pagine, pubblicati dal 1971 in Italia dall'Editoriale Corno con la cura di Luciano Secchi, Maria Grazia Perini e le altre persone dello staff Corno, hanno modellato per sempre una parte importante della mia fantasia, della mia immaginazione, persino della mia sensibilità alle cose.

Per anni Thor è stato il mio personaggio preferito: scelta facile per uno che fin dall'età di cinque anni è stato totalmente affascinato dalla Mitologia, e dalle mitologie tutte.

Purtroppo, e lo dico senza ironia alcuna, non sono un nerd, ossia - per come la intendo io - uno specialista. I nerd sanno tutto sui loro personaggi preferiti. Sono gli specialisti delle loro passioni e, credo, si divertono e se la godono più dei comuni mortali.
Questo è ciò che io intendo per nerd.
E posso assicurare che ho conosciuto molti e molte nerd di splendido aspetto, senza ombra di brufoli, brillanti in società e con una regolare vita sessuale.

Io, invece, sono un tipo da "un po' di questo e un po' di quello", un'infinità di "buchi" (nelle collezioni, nelle informazioni, nella conoscenza, nella costanza delle letture...), una memoria che fa acqua come un colabrodo - da sempre, non solo per questioni di sopraggiunta senilità - e dunque sono solo innamorato, ma non specializzato.
La specializzazione è una qualità, che certamente costa fatica (e denaro!), che ho sempre invidiato molto.
Ma, insomma, io questa qualità non ce l'ho e credo di non esserci proprio portato, quindi parlo di cose - di supereroi-supereroine in questo caso - che conosco sì, ma non in modo così specialistico come vorrei.
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Thor n. 1 - ed. Corno, Aprile 1971
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Ma forse è anche/proprio il mio non essere nerd, quindi non specialistico e specializzato, che mi permette questa sorta di "double-face", ovverosia il comprendere perfettamente, e ammirare e apprezzare molto, il lavoro degli amici di Blue-Area (e della loro meravigliosarivista on-line), alfieri della Continuity e contemporaneamente trovarmi a mio agio con la attuale "assenza" di Continuity, o meglio con la sua costante e continua modifica che prevede anche, ad esempio, l'adeguamento dei fumetti ai cinecomics, ossia alla più importante e sostanziosa fonte d'introito che procurano oggi "i Supereroi".

Il mio tenere il piede in due scarpe non è, credo, frutto di poca convinzione nell'una (pro-Continuity) o nell'altra (chissenefrega-della-Continuity) "ideologia": sono, anzi, profondamente convinto di entrambe le posizioni, sento profondamente le ragioni dell'una e dell'altra e... le sposo, amandole, entrambe!

Non mi sto arrampicando sui vetri e non sto mentendo a me stesso: godo veramente di entrambi i privilegi e non necessito, in realtà, di nessuno dei due in quanto mi godo le ristampe (nessuno potrà mai togliermi il piacere delle vecchie storie che non verranno mai cancellate da nessuna ret-con: ho i volumi a casa, concreti nella loro quadricromia, le loro pagine non diventano bianche né mutano ad ogni ret-con!) e mi godo anche le nuove storie.
Il tutto, ripeto, forse è frutto della mia ignoranza, dei miei colossali buchi di lettura, del mio non essermi sempre concentrato al 100% sulla tessitura dei fili di quel grande arazzo che - piaccia o meno - è la Marvel.
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Thor n. 1 ed. Play Press - Febbraio 1991
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Altre critiche, invece, non le comprendo, non per una qualche mia contrarietà, ma semplicemente perché non le vivo, non le vedo e di conseguenza non le capisco.

Recentemente persone che so amare i fumetti di supereroi quanto e più di me (quindi parecchio!) sono rimasti profondamente delusi da alcune letture e ne hanno spiegato i motivi che si riassumono - giocoforza qui sintetizzo e quindi banalizzo - soprattutto con la mancanza di aderenza alle caratteristiche "base" di un certo personaggio o gruppo e "ret-con" troppo aggressive.

Alcuni di quei fumetti li ho letti anch'io e sebbene non intenda smentire le osservazioni fatte - ovverosia gli autori hanno effettivamente variato, anche di molto, le caratteristiche "di base" del/dei personaggi e si sono lasciati andare a ret-con azzardate - su di me non hanno avuto l'effetto delusione, anzi, ho comunque apprezzato moltissimo storie e disegni.

Tra i fumetti che ho letto recentemente e che mi sono goduto parecchio c'è proprio Thor: il nuovo THOR.
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Odinson non riesce più a sollevare Mjollnir
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A seguito di un evento recentemente accaduto nell'Universo Marvel - una saga in quattro volumetti chiamata Original Sin(Peccato Originale) - il Thor che conosciamo, che conosce anche chi non ne ha mai letto un solo fumetto, grazie ai due film prodotti da Marvel Studios - Paramount Pictures, insomma quel bel ragazzone grande, grosso e biondo, non è più degno di fregiarsi del titolo di Dio del Tuono.

Thor Odinson figlio di Odino (Odinn è il "Padre di Tutti", il dio supremo della mitologia norrena) non riesce più a sollevare il martello magico Mjollnir, fonte del potere sul Tuono e della divinità stessa di Thor. Non riuscire a sollevare Mjollnir equivale a non esserne degno, a non poter più comandare il Tuono, a non essere più quindi... un dio!
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Nell'Universo però "deve sempre esserci un Thor" ed ecco che nella desolata landa lunare in cui giace a terra il mistico Mjollnir, una delle più potenti armi del creato, un braccio femminile ne afferra l'impugnatura e sollevatolo in alto ne viene rivestita di divino potere: è nata Thor la Dea del Tuono!
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THOR, la Dea del Tuono

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Nel corso della sua cinquantatrennale esistenza fumettistica (fu creato da Stan Lee e Jack Kirby nel 1962) Thor ha cambiato più volte armatura, aspetto, hairdo e persino alter-ego terrestre, ma mai era stato osato un tale stravolgimento: una donna che prende il posto, il nome, i poteri, la divinità del figlio di Odino, divenendo ella stessa Thor la Dea del Tuono!

Si può ben immaginare quanto questo sconvolgimento sia stato "ben accolto" (...) dalla maggior parte deifan i quali, prima ancora dell'uscita del primo numero della nuova serie, si erano già ampiamente espressi in materia, spesso molto negativamente.

Eh certo, Thor, proprio lui, un simbolo della mascolinità e della virilità estreme, divinità non estranea a certi culti riconducibili a ideologie di dextra estrema o, più prosaicamente, ispirazione per nuovi movimenti religiosi certamente non progressisti come la Íslenska Ásatrúarfélagið , trasformato - sebbene solo in un fumetto - in "indegno"e per di più sostituito da una donna!

Anche in Italia si sono ovviamente potuti leggere sui social commenti pregni del maschilismo più retrivo e degni di un medio evo più oscurantista del vero Medio Evo, accanto a più pacati - ma quasi mai positivi - commenti in cui veniva espresso dissenso per la nuova Thor (spesso senza averne ancora letto neppure una riga).
Bisogna però sempre rendersi conto che gli "attivisti" (non a caso uso il maschile) fumettofili dei forum e dei social sono una esigua minoranza rispetto a chi fruisce dei fumetti e si "limita" a quello.

Freyja, la Madre di Tutti
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Ciò non significa che la nuova - e certamente temporanea - Dea del Tuono debba necessariamente e obligatoriamente piacere a tutt* (ma ci mancherebbe!); a me comunque è piaciuta moltissimo e sono felice di questa svolta, coraggiosa e inaspettata, che l'autore Jason Aaron ha fatto compiere al fumetto, insieme al suo sodale disegnatoreRussell Dauterman.

La Dea del Tuonoentra in azione improvvisamente e senza spiegazioni: semplicemente leiè in grado non solo di sollevare il mistico martello Mjollnir, ma anche di farlo agire (volare, colpire, fargli compiere elaborate traiettorie ecc.) in modi che il "vecchio"Thor non era in grado di padroneggiare in modo così disinvolto:

"Apri gli occhi! Non puoi aggrapparti a qualcosa che hai già perso!"
"Cosa ti rende così degna? Chi sei sotto quella maschera?!"
"Sono colei che brandisce il martello! Chi sei tu?"

Non sono solo i fan che faticano ad accettare la nuova Dea del Tuono: non ci si poteva certo aspettare che il "vecchio"Thor subisse il suo nuovo status senza protestare e infine combattere?

Senza più il suo braccio sinistro, perso in battaglia contro il maligno e potentissimo re elfo Malekith, sostituito da una protesi di uru (lo stesso mistico metallo con cui fu forgiato Mjollnir) e armato dell'ascia Jarnbjorn, il "vecchio"Thor affronterà la nuova Thor in un duello emozionante che avrà risultati inaspettati (e che non voglio rovinare con inutili spoiler).
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Ma "l'alternanza" dei Thor non è l'unico cambiamento recente tra la comunità divina asgardiana: durante l'esilio di Odino, il "Padre di tutti", sua moglie Freyja (matrigna di Odinsonha governatola nuova Asgardia formando insieme alle dee Idunn e Gaea untriumvirato chiamato "la Madre di Tutti".
Pare che ultimamente in Asgardia il matriarcato abbia un certo successo.

Ma ora Odino, più scorbutico che mai - che godimento quando nemmeno lui riesce a sollevare Mjollnir! - è tornato e vorrebbe ripristinare il precedente status quo. Io sono tra coloro che spera non ce la faccia.
Esemplificativo questo dialogo tra il Padre di Tutti e la Madre di Tutti davanti al figlio che non riesce più a sollevare il Martello:

"Strillare non serve a niente, caro marito. Forse potresti provare a parlare, una volta tanto."
"Immagino vorresti che viziassi il ragazzo, Freyja, come hai fatto tu. Ecco cosa succede quando una Madre di Tutti  diventa reggente di Asgard. Sono stato via troppo a lungo."
"Eppure le mura di Asgardia non sono cadute in polvere. Qual stranezza."
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Odino, il Padre di Tutti
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Thor la Dea del Tuono indossa una maschera che le copre il volto lasciandole scoperta soltanto la bocca: nessuno per ora sa chi si nasconda dietro la maschera [1] e l'armatura. Lei stessa non è ancora del tutto conscia di quanto le sta accadendo, o meglio: dai suoi pensieri si capisce che è sì sorpresa di quanto le sta accadendo, eppure non così sorpresa come si potrebbe immaginare.
E' interessante, e divertente, la dicotomia nei suoi stessi pensieri, in quanto pensa "da asgardiana", da dea, ma anche da mortale, sentendo la contraddizione e domandandosi lei per prima da dove le derivi il potere, perché proprio lei è stata scelta e da chi.

Ciò però non le impedisce di essere la vera Thore di combattere la sua prima, immensamente impegnativa battaglia contro tre minacce che stanno mettendo in pericolo l'intero pianeta: la Roxxon, una multinazionale governata da Dario Agger, un mostruoso (letteralmente) amministratore capace di trasformarsi in una potentissima bestia mitologica; i Giganti del Ghiaccio e il malefico e pericolosissimo Malekith, re elfo oscuro.
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Minotauro
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La Dea del Tuono affronta le battaglie con enorme coraggio, tenuto anche conto che non ha ancora presente la reale portata dei suoi poteri; ciò nonostante si getta nella lotta come una furia non essendo minimamente certa dell'esito. Direi anzi che si getta nella battaglia anche con una certa... gioia.
Trovo molto comprensibile questo sentimento: chi, al di là di qualsiasi altro legittimo sentimento (timore, stupore ecc.), non proverebbe un'incontenibile gioia nell'essere una divinità che comanda il tuono, può volare, è superforte e possiede Mjollnir?!?...
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Mi è sempre piaciuto l'approccio che Jason Aaron, al timone del mensile Thor dal 2013, ha con il dio, o la dea, del Tuono: sia esso puramente mitologico e guerresco come nella bellissima run precedente (in cui era accompagnato ai disegni dal meraviglioso Esad Ribic che, ammetto, mi manca un po', pur essendo questo nuovo Russell Dauterman molto bravo e godibilissimo), o "ecologico" e maggiormente "fantasy" come in questo nuovo ciclo.

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Thor e Malekith
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Al di là dello sgradito spoiler [una parte di me continua a sperare che il suddetto sia una bufala] che mi ha tolto parte del divertimento dell'elucubrazione, delle ipotesi culminanti con la finale scoperta della sua identità, trovo che la nuova Thor abbia, grazie alla guida di Jason Aaron, tutti i numeri per diventare un personaggio importantissimo all'interno del Marvel Universe, ma soprattutto credo che si siano poste le basi per la costruzione di splendide storie.

Forse, come sempre accade (o accadeva?...) il "vecchio"Thor prima o poi si riprenderà Martello, poteri e dignità con buona pace di quegli haters che in questi mesi hanno infestato la rete coi loro commenti sprezzanti e pieni di astio. O forse no, chi lo sa?

Questa nuova storia di Thor - insieme ad altre storie, di cui spero di poter parlare quanto prima - mi fa riscoprire il divertimento nel leggere un genere fumettistico mai così bistrattato, e forse un bel po' in crisi, come in questi anni recenti.

Avventure fantastiche che parlando di eroi, eroine e superpoteri continuano a parlare anche un po' di noi stess* e a fornirci - o per lo meno a fornire a me - quella indispensabile razione di mito(logia) che così tanta e grande parte ha nel nostro - o per lo meno nel mio - pensiero, fantastico o meno che sia.

Buona lettura.
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THOR

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Nota:

[1] ...stendo un pietoso velo su quanta diarrhea ho augurato di produrre a quel censurache ha spoilerato su un social l'identità della nuova Thor... Non posso negare che saperlo mi ha rovinato parecchio la sorpresa, ma non mi ha impedito di godermi le storie. Alla faccia di quel censura.


Thors...

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To Become an Immortal

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Il Mitico Thor - Per Diventare Immortali
(To Become an Immortal)

Stan Lee, storia
Jack Kirby, disegni,
Vince Colletta, inchiostrazione

1a pubblicazione italiana:
Il Mitico Thor n. 35 (ed. Corno, 1 Ago 1972);

1a pubblicaz. americana:
Thor 166 (Marvel, Gen 1966)


16 pag, col.

Lire 200

Editoriale Corno / Marvel Comics



 Vi racconto, prendendola un po' alla larga, la storia di Thor che preferisco in assoluto.
Buona lettura.
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1. Amore tormentato (eccome!)
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Ho fatto la conoscenza di Jane Foster, la bella infermiera assistente del dottor Don Blake, all'epoca l'alter ego umano del possente Thor, sin dal n. 1 de Il Mitico Thor (prima ediz. italiana 13 Apr 1971; prima ediz. americana su Journey into Mystery # 83, Ago 1962) e da allora non mi si è più tolta di mente.
Già da ragazzino avevo un'indole romantica che faceva sì che leggessi Il Mitico Thor quasi più per vedere come sarebbe andata a finire quell'impossibile storia d'amore che per le avventure dello stesso Tonante.

Sin dal n. 1 del mensile italiano (edito dalla mai dimenticata Editoriale Corno) apprendiamo infatti che il debole e claudicante dottor Don Blake, colui che in una caverna norvegese ha trovato il mistico martello Mjollnir trasformandosi così nella potente divinità norrena Thor, è segretamente innamorato della sua assistente Jane Foster.
Naturalmente il buon dottore pensa che una così bella e capace ragazza non potrebbe mai corrispondere l'amore di un mingherlino un po' sciancato:
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da Il Mitico Thor n. 1

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In realtà Jane prova qualcosa per Don Blake, anche se è - e come potrebbe non esserlo? - è decisamente più attratta dal possente Thor, che lei non immagina essere la stessa persona del suo datore di lavoro.

[Ok, lo schema è più o meno quello già sperimentato per esempio in Superman: Clark Kent innamorato di Lois Lane, la quale è innamorata di Superman, senza immaginare che i due sono la stessa persona. Interessante notare che alla Marvel abbiamo anche molti esempi opposti, come Betty Brant, prima fidanzata di Peter Parker e di lui innamorata, che odia l'Uomo Ragno non sapendo ovviamente che i due sono la stessa persona. Insomma, il "gioco a tre"è molto ben conosciuto e sfruttato in ambito supereroistico!]

Mi affascinava moltissimo leggere di quelle storie d'amore, in particolare proprio di quella tra Don Blake/Thor e Jane Foster, forse perché anch'io a 11 anni - quando leggevo queste storie per la prima volta - ero un po'"Don Blake", ma a differenza di lui non avevo nessun mistico martello che mi trasformava in un muscolosissimo bonazzo alto due metri e coi capelli hippy.

Certo, anche Jane ha i suoi alti-e-bassi: passa dal celato affetto e forse qualcosa di più per Blake al disprezzo in certi impietosi confronti con l'aitante dio del Tuono:
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da Il Mitico Thor n. 2
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2. Battibecchi d'amore
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D'altronde non solo alla Marvel, ma direi in tutta la società dell'epoca le donne venivano considerate sempre un po', come dire, volubili. Il fumetto femminista era decisamente di là da venire.

Nonostante l'eventuale "volubilità", l'affetto (nascosto, ma nemmeno troppo) che Jane Foster prova per il debole dottor Don Blake cresce nel tempo, mescolando spesso una sorta di "affetto materno" con qualcosa di più romantico. E Don spera e non spera, ma c'è sempre la sua identità segreta di Thor a frapporsi tra lui e l'infermiera...

Quando Don Blake non è occupato a curare semi-gratuitamente i suoi pazienti assistito dalla bella infermiera, il dottorino assume l'identità di Thor e va a spaccare un po' di culi comunisti (ehi, siamo in piena Guerra Fredda!) oppure a combattere contro il suo fratellastro Loki, dio del Male. In tutto ciò Jane Foster è sempre presente e, a proposito di Loki: forse neppure il dio del Male è del tutto ignaro di quel "qualcosa" che unisce il suo fratellastro e l'infermiera, tant'è che la donna viene da lui rapita e "condizionata" più d'una volta proprio per costringere Thor a esporsi per salvarla. Mi sa proprio che il maligno fratello aveva già capito tutto!

E nel frattempo il tira-e-molla continua. 
Don Blake sarebbe anche tentato di confidare a Jane il suo segreto, ma nel n. 3 del mensile italiano Odino in persona - il Re degli dei norreni - proibisce a Thor di rivelare la sua identità a chicchessia. (Anche Odino credo che avesse mangiato la foglia...)
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da Il Mitico Thor n. 6
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Ma anche la pazienza di un dio ha un limite e Don, sempre più innamorato, non ce la fa più a vedere Jane fare gli occhi dolci al muscoloso Thor: vuole trasgredire l'ordine di Odino e rivelare alla sua innamorata che lui e Thor sono la stessa persona.

A quel punto della storia sia Don Blake che Jane Foster sanno perfettamente cosa provano l'uno per l'altra, ma il buon dottore è troppo combattuto tra il suo amore e la lealtà ad Odino, al punto che la ragazza prende una terribile decisione:
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...ad un passo dalla rottura... (IMT n. 6)

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3. Amore rivelato!

Fortunatamente l'allontanamento di Jane dallo studio del dottore zoppo dura un solo numero e al suo ritorno i due possono tornare a tubare: lei oramai riconosce a se stessa che colui che ama veramente è proprio Blake e i due passano disinvoltamente dal "voi" al "tu" e ai rispettivi "caro"e"cara".

Siccome stiamo sempre parlando di un fumetto supereroistico è bene ricordare che nel frattempo Jane viene rapita sistematicamente quasi ad ogni numero, da Loki, da Mister Hyde e da qualsiasi cattivone ci sia in città. Tutti questi salvataggi all'ultimo momento non fanno che aumentare l'amore di Thor per la bella mortale sino a che - finalmente!!! - nel n. 25 dell'edizione italiana, in un'epica e indimenticabile sequenza di vignette, Thor svela a Jane il suo segreto! [1]
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da Il Mitico Thor n. 25
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Bisogna dire che Odino non è propriamente felicissimo del "tradimento" del suo figlio prediletto e mentre decide quale divina punizione affibbiargli, la novella fidanzata ufficiale di Thor non trova di meglio che flirtare con l'antipaticissimo Ercole, provocando una feroce scazzottata tra le due divinità. Tra l'altro, da quel momento il rapporto tra Thor ed Ercole sarà sempre improntato a una sana competizione ma anche a un grande rispetto reciproco, sebbene in futuro non saranno poche le battaglie - anche cruente - tra i due rampolli divini, così come saranno presenti i rispettivi salvataggi e una strana forma di virile amicizia che non verrà mai a mancare.
[Di lì a poco il Dio del Tuono compirà una grandissima prova in favore di Ercole, precisamente nel n. 29 della serie italiana: "Il Messaggio del Tuono", in cui il biondo asgardiano scenderà nell'Ade - l'oltretomba Greco - e combatterà col dio Plutone in persona per salvare l'olimpico amico-nemico.]

E' proprio durante la titanica battaglia tra Thor ed Ercole - nel n. 25 de Il Mitico Thor - che Odino decide la punizione per il suo disobbediente figlio: la forza del biondo asgardiano sarà dimezzata in modo che egli possa assaporare l'amaro sapore della sconfitta.
Ciò provoca una grande crisi nel dio del Tuono:
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dal n. 26 de Il Mitico Thor: sconfitto!
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Amore tormentato, sempre: il Tonante e Jane Foster non hanno ancora avuto modo di godersi un attimo di felicità da dopo la rivelazione...
Dopo altre fantastiche (e splendide!) avventure, compreso l'auspicato pentimento di Odino che restituisce a Thor tutta la sua forza, arriviamo finalmente al n. 35 de Il Mitico Thor (numero 166 dell'edizione americana), scritto da Stan Lee e disegnato da Jack Kirby, la bellissima, indimenticabile storia chiamata:
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.4. Per Diventare Immortali!
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La genesi degli eventi che porterà Jane Foster a calcare il sacro suolo di Asgard, la cittadella delle immortali divinità norrene, e a incontrare Odino in persona, parte nel numero 31 con l'ennesimo "rapimento" dell'infermiera (questa volta mascherato da un lavoro offertole) che la porterà a contatto con l'Alto Evoluzionario, a mio parere uno dei più affascinanti personaggi dell'intero Marvel Universe.
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l'Alto Evoluzionario (Il Mitico Thor n. 34)
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Una storia toccante quanto dinamica e piena d'azione, con un ritmo perfetto e un Jack Kirby in stato di grazia, inserita in un ciclo di storie meravigliose (Ego il Pianeta Vivente, Tana Nile e i Colonizzatori, persino Galactus...) che portano a quella che da 43 anni è in assoluto la mia storia preferita di Thor, da me riletta infinite volte e in un certo qual modo portata a... compimento con l'attuale run di Thor la Dea del Tuono, il titolo èPer Diventare Immortali (To Became an Immortal).
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Il Mitico Thor n. 35 - Per Diventare Immortali - tav. 1
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E' una storia tutto sommato molto semplice e lineare, che si risolve in sole 16 pagine, le quali a loro volta risolvono definitivamente - e in modo forse un po' affrettato- un amore appassionato nato, editorialmente parlando, ben quattro anni prima, una quantità di tempo lunghissima rapportata al target di lettori (e immagino ben poche lettrici) che la testata di Thor si proponeva di conquistare, cioè i ragazzini.

Ma allora era proprio così che funzionava, i comics supereroistici si reggevano sì su un canovaccio di Continuity atto a far affezionare il pubblico, ma la maggior parte delle storie iniziava e terminava in poco meno o poco più di una ventina di pagine.
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Jane Foster e Thor sul Ponte dell'Arcobaleno (Bifrost)
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Eppure, proprio come questa To Become an Immortal, sono moltissime le storie dell'epoca a essere scolpite per sempre nella mente di milioni di lettori: storie che pur nella loro semplicità e nel loro antico e ingenuo manicheismo, riuscivano a contenere elementi anche profondi e certamente interessanti e indimenticabili che hanno fatto sì che intorno ad esse si generasse un'affezione non così comunemente riscontrabile in altre forme di comunicazione di massa.
E tutto soltanto grazie alla genialità degli autori dell'epoca.

D'altronde ciò che oggi sembra così scontato - "da grandi poteri derivano grandi responsabilità" - è stata invece una geniale, geniale pensata che ha permesso che le storie di supereroi/ne facessero un grande salto di qualità favorendo l'identificazione affettiva da parte del pubblico e rendendo i personaggi di quelle storie di carta infinitamente più realistici e a noi più vicini, nonostante i loro impossibili, fantastici poteri.
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Jane Foster incontra Odino
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Ecco ora il racconto, la trama della nostra storia.
Odino
ha finalmente concesso il matrimonio tra il suo diletto figliolo Thor e la mortale Jane Foster: persino il Padre degli Deiè stato alfine toccato e vinto dall'amore tra i due.

Il Tonante abbraccia la sua promessa sposa e facendo vorticare il suo mistico martello Mjollnir la conduce alle porte del magico reame di Asgard, collegato a Midgard (la Terra) tramite il Ponte dell'Arcobaleno chiamato Bifrost, alla cui infallibile guardia sta Heimdall, enorme nella sua potente armatura.

Proprio qui cominciano i guai, e non potrebbe essere altrimenti.
Lo spettacolo di Bifrost, dell'esercito di Asgard che ha appena catturato uno spaventoso Troll, della maestosità di Heimdall - non certo il più gioviale tra le divinità asgardiane - mette addosso alla mortale Jane Foster una forte ansia che prelude al vero e proprio terrore che tra poche pagine la colpirà inesorabilmente.
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Jane viene trasformata in dea...
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La piccola Jane - è il caso di dirlo, e non certo per maschilismo - si trova improvvisamente davanti a una dimensione completamente aliena, gigantesca, sovrumana nel senso più autentico del termine; una dimensione divina, impossibile da gestire per una mente mortale e umana.
Si capisce, vignetta dopo vignetta - con una scansione del tempo e delle emozioni da parte degli autori che non esiterei a definire perfetta - che in lei comincia a farsi strada qualcosa di, ahinoi, più forte dell'amore stesso, e cioè la paura.

Trovatasi al cospetto di Odino in persona, che la sovrasta non solo in divinità, ma anche in possanza (guarda la differenza tra le loro mani...), si vede già chiaramente che Jane Foster è oramai schiacciata da ciò che la circonda e dal suo stesso terrore: è evidente che ella vorrebbe essere ovunque tranne che in quel luogo spaventoso. 
Ma è troppo tardi.

Thor in quel momento è poco più di un'ombra, una presenza quasi marginale, visto che la storia si concentra interamente sulle spaventose emozioni provate dalla povera Jane Foster.
Dov'è la sua tenerezza, dove sono le sue braccia, dove la sua protezione? Proprio nel momento di maggiore bisogno Thor assume un atteggiamento quasi freddo, spronando la sua amata a vincere la prova, a fare appello al suo intimo coraggio, perché "il premio vale il rischio"!
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...davvero "il premio vale il rischio"?....
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Odino infatti dopo aver (momentaneamente) trasformato Jane in immortale, le ha donato il più stupido dei poteri: quello del volo.
E sarà solo armata di quel potere che per decreto di Odino stesso che ne vuole saggiare il coraggio e la forza, Jane Foster dovrebbe sconfiggere nientemeno che L'Ignoto, personificazione malefica del terrore stesso (forse delle proprie paure più ancestrali? Non ci è dato saperlo) essere talmente spaventoso che il solo richiamarlo tramite un mistico rebbio - una sorta di diapason gigantesco - provoca un enorme terrore all'emissario di Odino.
L'Ignotoè, nelle parole stesse dell'emissario: "così temuto che nessuno all'infuori di Odino ne conosce i pieni poteri!" e lo stesso emissario, che ricordiamo è pur sempre un asgardiano immortale!, dopo aver percosso il gigantesco rebbio di richiamo fugge terrorizzato.
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Jane non riesce ad affrontare L'Ignoto!
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Jane, momentaneamente immortale e col suo stupido potere del volo, viene rinchiusa da sola in una grotta buia dove, com'è logico che faccia, entra nel panico più totale, si dimentica che può volare e riesce solo a gridare il nome del suo amato!

Il quale arriva, in tre vignette e quattro martellate sconfigge (meglio: mette in fuga) L'Ignoto e, finalmente, dà prova di un briciolo di umanità andando ad abbracciare la sua fidanzata... no, veramente no: le poggia una mano sulla schiena e protesta con Odino perché ha sottoposto Jane a una prova eccessiva.

Eccessiva? No, risponde il Padre di Tutti: "Se vuoi che sia una dea - dice al figlio - deve possedere anche il cuore di una dea!"
Thor insiste: guardala, dice al padre, non è una dea, è "solo" l'essere gentile che lui ama, deve pur esserci un posto per lei in Asgard.
Ma la stessa preghiera di Thor, prima ancora che da suo padre viene rifiutata dalla stessa Jane Foster: "No!Non chiederglielo! Non voglio essere una dea! Non voglio rimanere su Asgard! E' troppo orribile, insopportabile! Non capisci?"
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Jane non desidera essere una dea né restare in Asgard...
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"Ella ha più saggezza di te, figlio mio - risponde Odino rivolgendosi a un Thor finalmente visibilmente sconvolto - Il suo posto è sulla... Terra!" e con un semplice gesto dell'onnipotente braccio riporta Jane Foster sulla Terra facendole dono dell'oblio: non ricorderà più né la sua visita ad Asgard e neppure l'amore che provava per il dio del Tuono; una nuova e serena vita è già pronta per lei, dono anch'essa del magnanimo Odino.

A quanto pare il Padre è più saggio del figlio, anche se ciò non basta certo a convincere Thor che tutto ciò non fosse già stato esattamente deciso e preordinato da Odino stesso.
Infatti Thor accusa apertamente il padre di essere sempre stato contrario al loro amore e di avere ordito tutto ciò già sapendo che la mortale non sarebbe stata in grado di affrontare la terribile prova crudelmente decisa per lei.
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panico nel volto di Thor
.La ribellione di Thor è violenta ed improvvisa, osa rivolgersi a suo padre impugnando il Martello e in preda alla collera lo accusa di crudeltà. Odino nega e anzi afferma che il suo cuore piange insieme a quello del figlio, ma Thor non gli crede.
Odino non può ammettere che simili atti di insolenza vengano perpetrati contro la sua persona e la sua autorità, neppure se provengono dal suo figliolo preferito: così in uno sfoggio di (onni)potenza umilia il dio del Tuono

Ma il suo amore di padre lo spinge a comprendere subito dopo lo stato d'animo del figlio e quindi a perdonare la sua giovanile arroganza, sfogo di un cuore ferito.
E' qui che, finalmente, al di là della collera il dio del Tuono dimostra la sua vera sofferenza, implorando il suo onnipotente genitore di concedere ancora una possibilità e pronunciando tenere parole si fa perdonare dal lettore per la freddezza dimostrata poco prima nei confronti della sua ormai ex-amata.
"Ma io l'amo lo stesso Padre! Anche se è debole e fragile... Non ho io la forza sufficiente per tutti e due?"
Ma sia Odino che lo stesso Thor sanno che la decisione presa è quella più giusta, soprattutto nei confronti della mortale Jane Foster.

Nel frattempo Jane sta entrando serenamente, anzi con entusiasmo, nella sua nuova vita, quella regalatale dal Padre di Tutti come ultimo dono.
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Un nuovo dottore di cui innamorarsi per Jane Foster
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Odino ha pronta una cura per le ferite d'amore del suo figliolo prediletto e manda quindi Thor  a Gundershelm, la Terra dei Cristalli, per combattere nientemeno che L'Ignoto che scorrazza libero per Asgard e deve essere catturato e sconfitto.

Nella sua divina onniscienza Odino sa che proprio in quel luogo Thor troverà una presenza che gli diverrà assai cara e che tanta importanza avrà per le storie a venire, anche se né il dio del Tuono né i lettori ne sono ancora a conoscenza: si tratta della dea Sif, bellissima guerriera asgardiana, sorella di Heimdall il guardiano di Bifrost, che il dio del Tuono conosceva quand'era bambina. Beh, ora bambina non lo è più e gli sguardi e le parole che si scambiano i due asgardiani preludono a qualcosa che presto accadrà tra loro, ma che ancora non è dato sapere né a noi né a loro stessi.

Jane Foster esce così dalla vita di Thor, ma non lo fa definitivamente perché nel corso degli anni la vedremo ancora molte altre volte, in altre vesti e con altri ruoli. Fino ad oggi, quasi a  chiudere un cerchio cominciato nel 1962...
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Thor e Sif
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Ho riletto questa storia di sole 16 pagine decine di volte eppure ogni volta provo forti emozioni, seppur ne conosco a memoria ogni singola vignetta (e questo per me è un'eccezione: non esiste altra storia di supereroi, per quanto altrettanto riletta, che mi si sia impressa nella memoria in modo così indelebile).

L'attuale run di Thor (di cui ho parlato QUI) mi ha spinto a raccontarvela e, con questa occasione, me la sono riletta e rigustata per l'ennesima volta.
Che non credo sarà l'ultima.
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Nota:

[1] In realtà c'era già stato - nel n. 17 dell'edizione italiana - un maldestro tentativo da parte di Don Blake di rivelare a Jane il suo segreto, ma per temporanei problemi tecnici la cosa non aveva funzionato e il tutto si era risolto con un'imbarazzante figuraccia del dottorino...
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un assertivo Don Blake...


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...fa una figuraccia!



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Sandro

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Sandro

di Alice Socal


brossura, 120 pag. b/n + bicromia


euro 15


Erisedizioni





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"...e poi c'eri tu.
Tu non mi potevi mai lasciare solo.
Dovevi starmi sempre accanto.
Sempre ad aspettarmi pronto con un abbraccio."

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Mi piace la casa editrice Eris. Ne ho parlato qui, quie qui, mi ci sono affezionato; sono andato ad alcune loro presentazioni di fumetti e di libri e mi sono sempre sentito, come dire, un po'"a casa". Siccome penso (ancora) che il contenitore è il contenuto, quando prendo un libro Eris non sto a fare tanti pensieri: lo prendo e so che le lunghezze d'onda, la mia e le loro e delle loro autrici e dei loro autori, si incontreranno molte volte e io sarò contento.

Fu proprio in un volumetto coprodotto anche da Eris che incontrai per la prima volta Alice Socal e proprio in base a questo ricordo quando ho trovato il suo volume - Sandro (ad un banchetto di Eris alla festa di Radio Blackout) - l'ho preso subito, senza bisogno di tante riflessioni: m'è bastata una sfogliata veloce, il constatare che il segno dell'autrice di Mestre (che vive ad Amburgo) era maturato e diventato ancora più bello, quella copertina che mi ha subito colpito.
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Se sono qui a cercare di parlare di questo libro è perché, naturalmente, mi è piaciuto moltissimo [1].
Sandro non è una storia facile, anche se credo che nel profondo e in tempi diversi nella/della vita, ogni persona abbia provato, o almeno assaggiato, le emozioni e la crisi che colpisce il protagonista della storia e questo favorisce un'identificazione immediata (nel mio casop anche un po' dolorosa) col protagonista. Il quale, al contrario di ciò che si potrebbe pensare, non si chiama Sandro.

Certo che c'è un Sandro nella storia, anzi è quasi importante come il protagonista, ma ne parliamo tra poco.
Il protagonista, la persona con cui chi legge si identifica necessariamente, è un ragazzo, poi uomo, che tutti chiamano Pallas - anche se non è il suo vero nome e il suo vero nome non lo sappiamo - e che sta per compiere ventisei anni.
Il libro comincia con Pallas ragazzino. Già dalla terza pagina conosciamo Sandro, una presenza che possiamo vedere solo noi che leggiamo, Pallas e naturalmente Alice Socal che ha scritto e disegnato la storia.
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Sandro è l'amico immaginario di Pallas. Un amico tenero, coccoloso e protettivo, talmente protettivo da diventare soffocante, specialmente se stai per compiere ventisei anni. Sandro è un po' come certe mamme (forse anche come certi papà?), solo che è molto più tenero e apparentemente passivo, "a disposizione", sempre pronto a consolare Pallas con un avvolgente abbraccio. Con un avvolgente e soffocante abbraccio.

Non c'è nulla di male, sia chiaro. Sandro fa ciò che sa fare, ciò per cui è stato creato, non obbliga niente e nessuno, lui semplicemente c'è. Non ha chiesto lui di venire al mondo. Almeno credo.

Pallas non è un uomo speciale, è esattamente come tutt* noi (tranne eccezioni, per carità!), tenero e spaventato e incredibilmente solo. Ma non passa il tempo a lagnarsi, non pensiate per favore a questo fumetto come a una di quelle lagne introspett-hipster che usano il fumetto come medium solo perché va di moda nelle librerie "giuste".
Pallas non è uno stereotipo, è proprio una persona (di carta, certo, ma pur sempre una persona) anche se la sua storia magari è un po' più intensa, altrimenti non ci sarebbe stato bisogno di farne un fumetto.
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Il nostro Pallas ha un bel paio di baffi, di quelli che non vanno molto di moda e gli danno, anzi, un'aria molto più vecchia. Anche il suo fisico (lo vedete qui sopra) non è esattamente quello di uno scattante ventiseienne, è appesantito e un po' curvo, incredibilmente reale (non intendo "realistico"!). Il suo volto è poco definito, un po' come tutti i volti dei personaggi di questa storia; mentre molto definiti sono i corpi, i volumi, gli ambienti, gli oggetti. Molto concreta è la stessa atmosfera che tutto avvolge: una sorta di lieve grigiore, non eccessivamente drammatico, non eccessivamente depressivo, non eccessivo e anzi un po' consolatorio, come una specie di coccola distratta fatta con poco affetto. Niente di pericoloso, apparentemente.

Che cosa faccia Pallas nella vita non ci è dato saperlo, probabilmente perché non sarebbe stato interessante né utile saperlo.
In una delle sue visite al supermercato Pallas incontra un'oca tricipite - o forse sono tre oche che condividono un corpo - che gli si propone/propongono come life-coach, per renderlo migliore, più attivo, più felice. Il tutto accade proprio nel giorno prima del suo compleanno. Forse l'oca tricipite ha/nno subodorato un potenziale cliente ammalato di solitudine. Pallas comunque la/le manda elegantemente a cagare, anche se rivedremo l'oca più avanti nella storia.
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Solo Pallas lo è davvero ma anche se indulge in tristi nostalgie non sembra un uomo disperato. Probabilmente non lo è oppure la sua disperazione è sottile e interiorizzata al punto da non apparire mai eccessiva. Sta di fatto che al suo compleanno l'unica "persona" che torna a trovarlo è proprio Sandro.
Proprio quel Sandro che con la sua tenerissima e soffocante presenza protettiva gli aveva rovinato tempo prima alcuni potenziali bei momenti (specialmente quelli con le ragazze). Beh, capisco che la tentazione di una banale ancorché "realistica" spiegazione psicologica parrebbe quasi inevitabile, vero?: come può una presenza immaginaria aver rovinato momenti di intimità? E' evidente che tutto ciò nasconde blablabla bla blabla bla...

...Comunque stiamo parlando di una storia a fumetti, non della realtà, teniamolo sempre presente. Una storia interpretabile in modi canonici e banalmente "realistici" non interessa granché e credo proprio che Alice Socal, l'autrice di Sandro, non fosse interessata a creare meccanismi di quel tipo.
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Insomma, alla fine unico partecipante, organizzatore, non-invitato alla festa per il compleanno di Pallas sarà proprio Sandro, che per essere una presenza immaginaria "facilmente interpretabile" prepara pure delle ottime crostate.
In questa parte della storia l'autrice mette in scena una grande quantità di simboli forti, potenti, di sogni, desideri.
Torna/no l'oca tricipite life-coach e Frank, un vecchio amico - stavolta non immaginario - di Pallas. Due solitudini, due vite a rischio-fallimento (perlomeno per i parametri usualmente accettati dalla maggioranza), nostalgie, racconti e decisioni fondamentali da prendere, non voglio rovinare la lettura a chi intendesse sperimentare di persona l'avvolgimento affettivo che procura questo fumetto.
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Si giungerà a un finale, non completamente narrato, probabilmente interpretabile in più modi e comunque così commovente e dolcemente ironico.
Leggere Sandro è un'esperienza intensa che mi auguro vorrete fare.
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...Dicevo prima che il contenitore è il contenuto: ebbene ciò vale a maggior ragione per Sandro: la storia è i disegni, che a loro volta sono la storia. Non è possibile né pensabile una scindibilità, gli uni senza l'altra non potrebbero sopravvivere: tant'è vero che leggendo/guardando Sandro si ha la sensazione di un tutto che scorre (sebbene interpretabile soggettivamente in alcune sue parti, così com'è per qualsiasi storia degna di questo nome), che però non sarebbe raccontabile se non nella sua unità grafico-narrativa.

Pur essendo Sandro una vera storia, con un punto d'inizio e una fine (commovente... ma anche ironica e liberatoria, come dicevo poche riche fa), narrarne una trama lineare ne impoverirebbe necessariamente il contenuto, la bellezza e la sua ragion d'essere.
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Cerco di spiegarmi un po' meglio, prendendo ad esempio un'opera a fumetti di tutt'altro genere che mi è piaciuta (la prima che m'è venuta in mente): All-Star Superman. [2]
E' evidente che anche All-Star Supermanè una storia in cui trama e disegni si intersecano, anzi si giustappongono per usare una definizione di Scott McCloud, per formare quell'unità narrativa che ha nome "fumetto" e nello specifico All-Star Superman. Però All-Star Superman posso raccontarlo in mezza pagina di word senza - come dire - snaturarlo (e senza disegni esplicativi).
Sandro, invece, sembra nato direttamente come emozione disegnata. Non so, magari sto dicendo cazzate; certe cose sono così difficili da comunicare, anche se nella mia testa non mi appaiono così confuse... forse sto solo cercando di spiegare a me stesso la differenza tra "pop" e "indipendente" dove con "indipendente" intendo al di fuori dei pastrani commerciali (per quanto piacevoli) e ai canoni obbligatori del "pop"?...
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Non ho parlato molto dei bellissimi disegni di Alice Socal (un po' potete vederne qui, un altro po' nell'anteprima del libro disponibile sul sito di Eris) perché sapete che sulle cose meramente tecniche m'impappino sempre e m'imbarazzo un po'.
Il segno di Socal è ricchissimo e ogni minima sfumatura è frutto di scelta ponderata, questo lo si vede benissimo.
Le matite dell'autrice riescono a essere di una morbidezza avvolgente o di una secchezza da sembrare rapidograph (o simili), ma ripeto le mie cognizioni tecniche sono così risibili.
Potrei sbagliarmi, ma le tavole originali potrebbero essere di dimensioni abbastanza grandi.
In alcune tavole è distinguibile la "trama" della matita e l'effetto è caldissimo.
Le tavole in bicromia (i ricordi) sembrerebbero virate in fase di stampa, o sono fatte originariamente a sanguigna? Non lo so dire, ma l'effetto è sempre molto bello, intenso, emozionale. Affettivo.

Complimenti sinceri ad Alice Socal e buona lettura a voi tutt*.
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Note:

[1]"Da anni non scrivo più delle cose che non mi sono piaciute o che non mi interessano, credo sia tossico occuparsi di un qualcosa che non ti interessa e non ti stimola positivamente. Credo sia tossico essere cattivo, credo che faccia male a te e a chi ti circonda, l'ho visto in azione per troppo tempo.
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Non guardo più le statistiche degli ingressi e ultimamente ho tolto anche i pulsanti per lo share sui social, quindi non posso sapere come stia Malpertuis a numeri, ma a giudicare dai commenti ho perso tantissimi lettori (intendo un qualcosa intorno all'80%), pazienza, mi sento meglio io e conta di più.
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Non parlo più di scrittori come i due che hai citato, mi spiace, è il mio tempo, è l'unica cosa che possiedo, sprecarlo è un crimine, non posso quindi spiegarti meglio perché per me non valgano molto e non amo rompere le balle a chi invece li adora [...].
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Solo recentemente ho cominciato a non leggere più nemmeno le “recensioni “negative scritte da altri blogger e critici, le trovo desolanti, mi spiace che ci siano così tante persone che amino spalare merda quando potrebbero scrivere bene di altro, conosco anche le motivazioni che accampano, credo che siano solo scuse ma oh, bella per loro, mi aiutano a selezionare i blog da leggere o da non leggere e a risparmiare tempo."Elvezio Sciallis(perché lui lo sa dire e spiegare assai meglio di me)
QUItutta l'intervista.
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[2] Chissà che diavolo di associazione inconscia avrò mai fatto per passare improvvisamente da Sandro a All-Star Superman... non riesco a immaginare due modi di narrare più diversi! E, anche, due tipi di emozioni così diverse derivate dalla lettura dell'una e dell'altra opera: tanto All-Star Supermanè plasticosamente, e deliziosamente perché no, mainstream, studiato a tavolino e fatto per piacere a un vasto pubblico, così Sandro mi dà una infintamente maggiore sensazione di autenticità e di, ecco, onestà, nel senso di messa a nudo di sensazioni ed emozioni dolorose ma condivise intimamente. Ecco, dirò che Sandro ha un impianto affettivo reale laddove All-Star Superman ha un tipo di affettività consolatoria e decisamente glamour. Ripeto, mi piacciono entrambe queste opere :)
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Nancy

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Nancy.
by Ernie Bushmiller

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Nancy is Happy, dailies 1943 - 1945
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Nancy likes Christmas, dailies 1946 - 1948
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Nancy loves Sluggo, dailies 1949 - 1951
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ogni volume è brossurato e rilegato, pag. non numerate (oltre 330 a vol.), b/n
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prezzi:
Nancy is Happy $ 24,99;
Nancy likes Christmas $ 26,99;
Nancy loves Sluggo $ 39,99.
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Fantagraphics Books
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Come spesso accade nel mondo del fumetto, alcuni "comprimari/e" riescono ad avere più successo del/la protagonista e si prendono tutta la gloria.
Il più delle volte è giusto così, nel caso della comic-strip di Nancy poi è giustissimo!
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Nancy - strip del 1943
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La bambina grassottella e precoce - ha solo 8 anni, ma possiede un'intraprendenza invidiabile! - fu creata da Ernie Bushmiller ed ebbe la sua prima apparizione pubblica il 2 Gennaio 1933.
Nancy è la nipote di Fritzi Ritz colei che fino a quel momento era ancora la titolare e protagonista dell'omonima striscia creata nel 1922 da Larry Whittington.
Nel 1925 la striscia fu assegnata a Bushmiller e Nancy divenne infine titolare della striscia nel 1938.

Zia Fritzi passò dunque di grado e da protagonista divenne una comprimaria della striscia; comprimaria comunque importante in quanto figura adulta e materna/genitoriale, responsabile della crescita e, per così dire, "coscienza"della nipote monella Nancy.
Zia Fritzi, sempre raffigurata come un'affascinante signorina degli Anni 20, è single e col suo lavoro (quale sia non saprei dire) mantiene se stessa e la piccola Nancy.
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la prima strip di Fritzi Ritz
1922 Fritzi Ritz cartoon, via http://chroniclingamerica.loc.gov/lccn/sn83030193/1922-10-09/ed-1/seq-28/
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La figura di Fritzi ebbe nel corso degli anni una trasformazione notevole: quand'era protagonista della striscia era una giovane e un po' frivola attrice interessata principalmente agli uomini, al denaro, ai cosmetici e ad apparire sempre bella e affascinante; e, cosa molto importante, tra le righe si capiva che aveva un'attiva vita sessuale.

Da quando entra in scena Nancy la zia si trasforma in una quasi-madre (in realtà una madre vera e propria a tutti gli effetti), coscienziosa, sempre preoccupata dell'educazione della nipote, sebbene risulti ancora moderatamente interessata alla cosmesi e a trovare un "buon partito", ma sembrerebbe più per dare un "padre" a Nancy che per avere un uomo per sé.
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Nancy - strip del 1946
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Altro comprimario di lusso, direi anzi co-protagonista, è Sluggo (Smith di cognome), un orfano di età un pochino più grande di Nancy, poverissimo e rasato a zero, introdotto nelle strisce da Bushmiller nel 1938. Sluggo proviene "dal lato sbagliato dei binari", ossia dalla parte più povera della città.
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Nelle strisce di Nancy non si ravvisa mai un benché minimo cenno di critica sociale, anzi l'atmosfera è quasi sempre allegra e positiva e i problemi e le ansie riguardano sempre piccole cose o comunque non vanno mai a toccare profondità "sgradevoli": anche quando si accenna a cose come la disoccupazione, la crisi o la guerra lo si fa in un tono sempre tra il serio e lo scanzonato, con una positività e un'ottimismo di sottofondo che permettono a chi legge di non angosciarsi mai, anzi di avere sempre il sorriso sulle labbra.

Ciò non toglie che anche nella città in cui si svolgono le avventure di Nancy - città che per altro non viene mai nominata, se non in qualche striscia degli Anni 20, non ancora realizzata da Bushmiller, in cui si cita di striscio New York - esiste un "lato sbagliato", cioè una parte povera e con qualche speranza di riscatto sociale in meno: proprio la parte da cui proviene Sluggo, definito di volta in volta come il boyfriend di Nancy (anche se in realtà corteggia ogni ragazzina del quartiere, con gran risentimento di Nancy che comunque lo ricambia per le rime) o il suo migliore amico.
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Nancy - strip del 1946
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Sluggo è un personaggio che, proprio come Nancy, pur se caratterizzatro con poche "pennellate" caratteriali (povero ragazzino fannullone, dove Nancy è la sfacciata e provocatoria monella) è dotato di "vita": al di là delle situazioni comicamente surreali, i due bambini sembrano proprio persone. E' quasi palpabile il fatto che abbiano una "vita" anche al di fuori delle strisce; voglio dire, la sensazione è quella che le gag raccontate (egregiamente) nelle strisce siano soltanto una parte, una piccola parte, della loro "vita", quella piccola parte che l'autore ci permette di sbirciare.
Sarà anche per questo che sono loro così affezionato.
Questa caratteristica, cioè la "vita" infusa nei personaggi di carta, è presente proprio (e solo) nei migliori fumetti, a striscia o meno che siano.

Tornando a Nancy: 1933, 1935, 1938... sembrano date antichissime, eppure - sarà il mio "cuore di fan" a parlare - le strisce mi sembrano ancora fresche e divertenti, "senza età". Questo a mio parere è dovuto alla genialità di Ernie Bushmiller e al suo stile, del quale parleremo in seguito più dettagliatamente.

Apro una parentesi per spiegare come mai sto parlando, con "cuore da fan", di una striscia a fumetti americana nata negli Anni 30: semplicemente perché Nancy è stata pubblicata anche in Italia sin dagli Anni 60 sui settimanali Intrepido e Il Monello e infine l'Editoriale Corno (sì, quella dei supereroi americani) pubblicò nel 1973 un libretto nella fortunata collana Eureka Pocket, che custodisco gelosamente tra i miei fumetti più cari. 
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Arturo e Zoe - Eureka Pocket, Editoriale Corno, 1973
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Giusto per sottolineare il maschilismo imperante da sempre in particolare proprio qui in Italia (parlando di Paesi più o meno "civili") la striscia fu ribattezzata del tutto arbitrariamente Arturo e Zoe, perché si sa, prima l'uomo e poi... il resto.

Dunque, ho conosciuto Nancy (& Sluggo) da bambino e fin da allora li ho amati e li amo senza cali di tensione e quando ho saputo che la benemerita e prestigiosa Fantagraphics Books avrebbe pubblicato lussuosi volumi con le dailies (strisce giornaliere) divise per annate - un po' come sta facendo Panini Comics con la pubblicazione cronologica delle strisce dei Peanuts, di cui sono felice acquirente e goloso lettore e rilettore - sono stato molto, molto, molto felice. uando poi i tre volumi finora usciti li ho acquistati, la felicità è come minimo triplicata.

Mi piacerebbe riuscire a spiegare, almeno in parte, il perché io ami così tanto, e da così tanto tempo, questa striscia e per farlo credo sia necessario parlare dello stile e della tecnica di Ernie Bushmiller.
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Nancy - strip del 1947, prima parte
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Mark Newgarden e Paul Karasik due cartoonist americani che tengono un corso di Fumetti alla School of Visual Arts di New York hanno sottolineato in un loro breve saggio dedicato a Nancy e al suo geniale autore, che

"Chi dice che Nancy è semplicemente una striscia comica su ragazzini col naso da maialino, ha completamente mancato il punto. Nancy sembra semplice a uno sguardo casuale. [...] Nancy è, in un certo senso, un "manuale" per una comic-strip. Muri, pavimenti, pietre, alberi, coni di gelato, linee cinetiche, piccoli e grandi dettagli sono attentamente posizionati senza che ci sia necessità di ulteriori abbellimenti. Tutto è disposto [nella striscia] con un unico scopo: trasmettere, comunicare, far arrivare la gag."

Al contrario di ciò che penso io personalmente, e di come vedo e vivo la striscia, Newgarden e Karasik sostengono però che:

"la vita di Nancy è fatta da poco più di qualche migliaio di strani e isolati eventi creati per le strip giornaliere"
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 [traduzione e sintesi mie]
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Nancy - strip del 1947, seconda parte
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I due cartoonist sostengono che i character della striscia sono monodimensionali e che la loro esile personalità si può riassumere in una parola o due, essendo creati unicamente con lo scopo di ottenere un "gag reflex"da parte di chi legge.
E' fuor di dubbio che tecnicamente abbiano "ragione" loro: però posso dire che i caratteri di qualsiasi personaggio, di carta e non, si possono tutti - volendo - riassumere in una o due parole. Ciò però, secondo la mia esperienza, non sta necessariamente a significare una debolezza instrinseca o una mancanza di "vita"; infine, Nancy è una comic strip, non un romanzo di Dostoevskij.

Inoltre il concetto stesso di "carattere" può variare a seconda del medium e del risultato che col medium si desidera ottenere: nel caso di Bushmiller è evidente che egli avesse come scopo il "gag reflex" da parte del pubblico (è una striscia umoristica), ma ciò non toglie che sia stato un autore geniale e che non abbia mai mancato il colpo, ultilizzando uno stile - che Newgarden e Karasik chiamano nel loro saggio "architettonico" - originale e totalmente efficace.

Continuano dicendo che

"Bushmiller aveva la mano di un architetto, la mente di un attore da film muto e l'anima da ragioniere. Il suo approccio stereotipato all'umorismo rivela meravigliosamente l'essenza di tutto ciò che definisce una gag: equilibrio, simmetria, economia. Le sue gag hanno il senso astratto della matematica e infatti Nancy è stata una mini-equazione algebrica mascherata da comic strip per quasi 50 anni."

Continuano il saggio affermando che comunque Bushmiller non ha mai fallito nella sua ricerca della gag e che per 50 anni è riuscito a far sorridere chiunque, indipendentemente dal suo "quoziente intellettivo", grazie alla sua metodica e alla ricerca della gag perfetta.
Non mi sembra male come risultato!
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Nancy, strip 1948 - prima parte
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Io naturalmente non sono un critico e mi limito a leggere, osservare e godermi le gag e il mondo di Nancy, così simile eppure diverso dal mio e a trovare Nancy, Sluggo e gli altri personaggi vivaci e, anzi, vivi.
Anzi dirò di più: Nancy e Sluggo mi sono dannatamente simpatici!

Lo stile grafico di Bushmiller è apparentemente semplicissimo, ma come tutte le cose semplici che funzionano è frutto di grande perizia tecnica e di continua ricerca. I personaggi, pur definiti con pochissime linee, hanno tutti una grande ricchezza di espressioni facciali e di posture corporee e sono tutti riconoscibili senza ombra di dubbio.
Personalmente sono sempre affascinato da come un autore/autrice affronta la raffigurazione di tutto ciò che non è personaggio all'interno di un fumetto, che si tratti di strisce o di fumetti non a striscia: adoro soffermarmi su interni, esterni, oggetti, ambienti, paesaggi, atmosfere.
E in questo campo Bushmiller mi ha dato grandissime soddisfazioni in quanto in quasi ogni striscia abbiamo oggetti, ambienti, sfondi sui quali sono capace di passare minuti a incantarmi.
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Nancy, strip 1948 - secondaparte
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In realtà mi rendo conto che per me è davvero difficile spiegare il perché le strisce di Nancy mi piacciano così tanto. Forse è semplicemente una questione di desiderio e identificazione e un misto di entrambi. Non nego che non mi dispiacerebbe vivere - almeno per un po' - nel mondo di Nancy, dove i problemi sono un po' più piccoli, dove le persone sono un po' migliori (almeno questo è ciò che si vede nelle strisce; cosa poi facciano fuori dalle strisce... chi può dirlo?) e dove tutto è un po' più mite e la cosa peggiore che può accadere è un "bonk!" o uno "splash!". Un mondo un po' zen, come qualcuno lo ha definito.

 Forse proprio grazie a queste splendide pubblicazioni della Fantagraphics Books, Nancy sta vivendo un momento di grande revival anche se, intendiamoci, non è mai stata abbandonata dall'immaginario americano e anglofono in generale, per quanto le strisce attuali siano, beh... "bruttine"è forse il termine che meglio le rappresenta; comunque anni luce lontane da quelle di Bushmiller. Si pensi che negli Anni 70 la striscia quotidiana di Nancy veniva pubblicata, contemporaneamente, in oltre 850 quotidiani!
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Nancy is Happy - complete dailies1943-1945
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Non sono entrato nel dettaglio dei tre volumi perché stiamo parlando di ben oltre 900 pagine di strisce, che toccano qualsiasi argomento (compresa, in un modo molto soft naturalmente, la Guerra) e che sono in grado di far passare a chi legge ore e ore di tenero e nostalgico piacere. Inutile dire che i volumi sono egregiamente stampati e rilegati e sono pressoché indistruttibili. Non c'era da aspettarsi di meno dalla casa editrice in questione.

Vista la continuità di pubblicazione italiana nel corso degli anni, posso ipotizzare che tra le persone più o meno mie coetanee ce ne debbano essere molte che quella striscia l'hanno amata: se siete all'ascolto, e se masticate un po' d'inglese, prendete in considerazione l'acquisto di questi tre primi splendidi volumi della Fantagraphics Books e rischiate davvero di regalarvi ore e ore di grande gioia!
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Nancy likes Christmas + Nancy loves Sluggo - complete dailies 1946/48 - 1949/51
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Alle persone giovani che mi leggono, invece, mi permetto di dare il medesimo consiglio: le strisce di Nancy sono davvero senza età, e sono per tutte le età, e hanno il potere di trasportare chi le legge in un mondo altro, seppure riconoscibile come molto simile al "nostro", ma incredibilmente più "morbido", positivo, non ancora intaccato dal male, un mondo che fa bene al cuore e alla mente, disegnato con uno stile (apparentemente) semplice e incredibilmente efficace.
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Le introduzioni dei tre volumi sono scritte rispettivamente da Daniel Clowes (!), Bill Griffith e Ivan Brunetti, tre grossissimi nomi del fumetto americano e mondiale, segno che le "vecchie" strisce di Nancy mantengono fama, prestigio e soprattutto piacere di lettura non solo tra il pubblico, ma anche tra i migliori "addetti ai lavori".

E poi oggi è pure il mio compleanno :)

Buona lettura!





Nancy - strip del 1946 - un po' di "metafumetto"...



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La Lucca che non c'è

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[Ancora una volta condivido volentieri un articolo di WALLY RAINBOW - VALERIANO ELFODILUCE; articolo molto interessante e che fa perfettamente "il punto" della situazione... Di quale situazione? Leggete!
Orlando].

Ciao a tutt*, come va?

Come promesso, e come da tradizione, dopo essermi schiarito le idee vado a fare il punto (a freddo)  sull'ultima edizione di LUCCA COMICS & GAMES, che essendo la manifestazione fumettistica (e dell'immaginario pop) più importante d'Italia è anche un po' una cartina di tornasole della situazione culturale che si respira nel nostro paese...

Anche dal punto di vista delle tematiche LGBT...
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Beta

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Beta vol 1

di Luca Vanzella (testi) e
Luca Genovese (disegni)

miniserie di 2


brossurato, edicola, 224 pag. b/n

euro 6,90


Editoriale Cosmo



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Prendere i "robottoni" e i personaggi di Go Nagai; "rifarli" senza risultare stucchevoli pur essendo derivativi; rendere reale (realistico) tutto questo narrandolo sotto una nuova luce; realizzare un fumetto che ti tiene incollato per 224 pagine: tutto ciò sembrerebbe un'operazione a dir poco rischiosa eppure a Luca Vanzella e Luca Genoveseè - incredibile a dirsi - perfettamente riuscita.

Beta - precedentemente edito da un altro editore in due volumi a un anno di distanza l'uno dall'altro e a un prezzo non propriamente appetibile -  è per il sottoscritto materia - e lettura - del tutto nuova.
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Beta è un racconto ucronico (per inciso, un'escamotage narrativo che trovo particolarmente intrigante): siamo sulla nostra Terra, in un'epoca in cui Bresnev è capo assoluto dell'Unione Sovietica, c'è la Guerra Fredda con gli Stati Uniti presieduti da Jimmy Carter mentre Indira Gandhi guida l'India, la Lady di Ferro annichilisce gli Inglesi e un certo signore gobbo è a capo del governo italiano.
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C'è qualcuno di simpatico?
Non lo so. Proviamo il primo ministro italiano?
Quello con la gobba?
Se vuoi cambiamo, basta che non sia quella strega della premier inglese.
[Beta]
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Questi figuri, e il fatto che siano contemporaneamente al potere nei loro Paesi, ci dicono che l'anno in cui si svolgono le avventure di Beta è il 1979 di questa Terra ucronica, com'è d'altronde dichiarato a pag. 12 del volume [1].
Il biennio 1979-1980 è quello della prima esplosione nazionale del fenomeno dei "Robottoni" [2] e qualsiasi maschietto italiano che viaggi intorno alla quarantina e non sia vissuto in una caverna, ha in qualche modo partecipato a questa esplosione.

[Per chi fosse interessat* QUIe QUI si trovano una serie di articoli a tema molto interessanti]
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L'omaggio a Go Nagai è onestamente dichiarato, e con affetto, dagli autori - per bocca di Luca Vanzella - in seconda di copertina:

" [...] se abbiamo deciso di fare un fumetto con i robot giganti in stile Go Nagai è perché da bambini rimanevamo appiccicati al televisore a vedere Mazinga, Goldrake e Jeeg."

Le serie robottoniche di Nagai lasciavano aperte numerose domande che naturalmente ben pochi bambini si facevano ed è proprio a queste domande che, come detto nella prefazione, Beta cerca di dare una risposta adulta:

"Quali sono i presupposti e le implicazioni di un mondo in cui i robot giganti esistono davvero? Chi li finanzia? Chi ricostruisce le città? Come si organizza la politica?"

Le risposte che Beta produce sono credibili e questo accresce il divertimento per chi legge perché pur non essendo, per ovvi motivi, una miniserie realistica, Beta si basa su presupposti che come lettori e lettrici possiamo divertirci moltissimo ad accettare.
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Dunque siamo nel 1979, quasi venticinque anni dopo la formazione - al termine della Guerra Mondiale - dei due blocchi contrapposti: Stati Uniti d'America da un lato, Unione Sovietica dall'altro, giganteschi robot con funzione reciprocamente deterrente.
Uno di questi robot - Gunshin - è così complesso ed avanzato da aver bisogno di ben cinque piloti: Ataru, Akemi, Ryo, Kuma e Dennis. (E se l'ultimo l'ho scritto in grassetto, un motivo ci sarà...)

I quattro ragazzi e la ragazza stanno in un immenso laboratorio-base segreta su un'isola, nella quale è custodito il robot Gunshin, che necessita di moltissimo esercizio e di perfetto coordinamento da parte dei Cinque per essere governato.
Le dinamiche tra loro ricordano molto quelle che intercorrevano tra i personaggi delle saghe robotiche nagaiane, sebbene nel caso di Beta le psicologie, le situazioni e i dialoghi siano decisamente più adulti e interessanti.

Dennis è il pilota migliore dei Cinque e naturalmente è quello col carattere maggiormente ribelle e "difficile" e, come si scoprirà leggendo, ne ha tutti i motivi.
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L'allenamento dei Cinque verrà sconvolto da un imprevisto attacco da parte di un robot nemico al largo del mare di Tokyo; questo darà inizio a una catena di drammatici avvenimenti che, insieme, formano l'intera storia di questo primo volume.

Un conto sono gli allenamenti, un conto è un attacco vero: gli esiti della prima vera azione di guerra del Gunshin saranno pesanti e non tutti sopravvivranno.
Nel frattempo le due Superpotenze - USA e URSS - si accusano reciprocamente mettendo in serio pericolo la fragile pace:

"Il presidente Bresnev ha ordinato l'attivazione di tutti i robot del Patto di Varsavia. Analoghe operazioni sono avvenute tra i robot della Nato. Intanto a Berlino la situazione..."

Un improvviso attacco ad una base lunare, che provoca la morte di un pilota sovietico e la distruzione del robot da lui pilotato, fa ulteriormente precipitare la situazione e il professor Karnap, direttore della base di Gunshin e uomo il cui cervello è stato impiantato in un corpo robotico scopre che l'attacco lunare è stato sferrato da un tipo di robot mai visto prima, con specifiche caratteristiche che "sfidano le leggi della fisica" e che neppure si sa se siano terrestri...
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Il professor Karnap non è l'unico umano ad avere caratteristiche non-umane o ibride: compare infatti finalmente il dottor Lorenzo Beta, anch'egli privo di un corpo organico e la cui mente si trova in un computer. Lorenzo Beta potrebbe avere la soluzione per contrastare questi misteriosi attacchi portati da altrettanto misteriosi mecha: un gigantesco robot, il più grande e potente di tutti. Ed è già costruito.
Nel frattempo il vero nemico deve ancora mostrare il suo volto, che renderà molto felice soprattutto chi è realmente appassionato alle saghe robotiche nagaiane. Vi basti sapere che nonostante io sia tutt'altro che un "nagaiano di ferro", nel proseguire la lettura mi sono emozionato come un ragazzino all'apparizione del "supercattivo"!

Non intendo rovinare la godibilissima lettura rivelando altri particolari che guasterebbero l'effetto sorpresa.
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Ciò che mi ha fatto apprezzare moltissimo Beta è stato il mix perfettamente riuscito tra azione, intreccio della storia, interazione tra i personaggi, dialoghi e colpi di scena, sapientemente dosati da Luca Vanzella per risultare credibili ed efficaci. Ricordo che si tratta di una storia complessa, con molti personaggi, molti accadimenti e un intreccio tutt'altro che banale: Vanzella è comunque riuscito a mantenere una piacevole scorrevolezza e a rendere perfettamente leggibile una storia non semplice.
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Pari merito per la riuscita e la bellezza del volume hanno i bei disegni di Luca Genovese, personali seppure omaggianti lo stile dei manga nagaiani e per ciò ancor più godibili.
Il segno di Genovese è qui estremamente dinamico, meravigliosamente "sporco" e "rumoroso" nelle scene d'azione, dotato di un ottimo storytelling nel racconto generale. La suddivisione della tavola, quasi mai regolare, scandisce il tempo in modo dinamico e leggibilissimo.

E a proposito di azione: le scene di combattimenti, davvero cruente, occupano una grande parte del volume e hanno, tutte senza eccezione, una grande efficacia: guardandole pare di sentire realmente il potente, assordante clangore prodotto dagli scontri tra le parti metalliche di questi mostri giganteschi e distruttivi.
Ma la bravura di Genovese oltre che nelle scene d'azione e di combattimento viene fuori anche nelle scene in cui vengono mostrati i rapporti tra i protagonisti (deliziosa e commovente tutta la sequenza della "gita al mare" da pag. 147 a pag. 154).
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Ritengo perfettamente riuscito il connubio tra la scrittura di Vanzella e i disegni di Genovese: insieme i due autori hanno prodotto un fumetto che seppur apparentemente non è così vicino ai miei abituali gusti di lettore, mi ha invece soddisfatto moltissimo lasciandomi addosso una gran voglia di leggere il secondo volume (che grazie al cielo non dovrò aspettare un anno!) in edicola il prossimo 16 gennaio.
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Infine, Beta a mio parere è in grado di soddisfare felicemente un'ampia tipologia di lettori/lettrici, di diverse età e con gusti non necessariamente simili e questa per me è una dote che non moltissime opere possono vantarsi di possedere.
Buona lettura!
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Note:

[1] Anni in cui quei figuri hanno governato i rispettivi Paesi:
Margaret Tatcher: 1979 - 1990
Indira Gandhi: 1966 - 1977 / 1980 - 1984 (in effetti nel 1979 non era al governo)
Jimmy Carter: 1977 - 1981
Leonid Bresnev: 1964 - 1982
Giulio Andreotti: 20 Marzo - 4 Agosto 1979


[2] Non sono granché ferrato in Robottoni, tutt'altro. L'unico di cui abbia goduto le gesta in diretta televisiva fu Goldrake ("Grendizer"; anime di cui comunque non vidi mai la fine): all'epoca avevo 17 anni e il cartone animato non mi dispiaceva. Ma, si capisce, a 17 anni avevo decisamente ben altro da fare che non stare in casa a guardare la tv.
Non ho letto i manga robotici nagaiani classici (sfogliati sì, non letti) ma qualche anno fa ho visto in dvd la serie complete di Mazinga Z che francamente ho trovato un po' noiosa. Ho inoltre acquistato i dvd usciti recentemente in edicola di Goldrake, ma devo ancora guardarli.

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Jessica Jones

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Jessica Jones

serie televisivaNetflix

Stagione 1

13 episodi

tutti disponibili sulla piattaforma Netflix
dal 20/11/2015

con: Krysten Ritter,
Mike Colter,
David Tennant
et alii

NO SPOILER

Il "disclaimer" di questo blog va decisamente aggiornato: parlo sempre e solo di fumetti, rarissimamente di "tutto quanto ad essi collegato".
Ebbene, ecco oggi un'eccezione che stupisce me per primo!
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Non sono un gran consumatore di telefilm. Per svariati motivi. 
Il primo, e più banale (ma terribilmente vero) è il tempo: tutto il tempo passato a guardare telefilm è tempo passato a non-leggere. E già leggo poco, rispetto a quanto vorrei. [In realtà leggo poco e basta, ultimamente...]
E per me leggere continua a essere la (seconda) cosa più bella della vita.
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Secondo e penultimo motivo è che, spesso, guardo la prima puntata di qualche telefilm che mi viene consigliato e la visione non mi coinvolge al punto da spingermi a vedere anche la seconda e poi la terza ecc.
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Terzo e ultimo motivo (anche se forse in realtà è il primo) è che dopo BTVS [se non sapete cos'è... peggio per voi!] nessun altro telefilm è riuscito a coinvolgermi in modo così pieno e soddisfacente; a detta di chi mi conosce bene ne ero anche un (bel) po'"ossessionato"... [1]
Ancor oggi continuo periodicamente a rivedere tutte le 7 stagioni di BTVS, rigorosamente una di seguito all'altra, e ogni volta sono grandissime emozioni.
Dovrei accettare il fatto che sono un fanatico, ma siccome detesto quel termine, non mi va di usarlo su me stesso.
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Quindi ogni, ogni nuovo telefilm cui mi approccio deve subire il "paragone BTVS".
E in genere, perde.
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JJ
Invece eccomi qui a scrivere nientemeno che di un telefilm!
[La qual cosa non significa che esso abbia vinto il "paragone BVTS", sia chiaro]
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Certamente l'argomento "fumetti" c'entra assai con questo telefilm (altrimenti non sarei qui a parlarne): il personaggio di Jessica Jones venne creato nel 2001 da Brian Michael Bendis (sceneggiatore) e Michael Gaydos (disegnatore) nella miniserie Alias.
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la Jones dei fumetti in una "posa plastica"...
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Il mio personale approccio con questo telefilm, voglio dire con un telefilm "tratto-dai-fumetti", è del tutto nuovo per me, in quanto ho letto pochissimo di Jessica Jones nei fumetti: per la prima volta mi trovo dunque in quella posizione nella quale si trovano milioni e milioni di persone che guardano volentieri film e telefilm derivativi dei fumetti senza conoscerne le fonti originali e senza porsi alcun problema in merito, direi giustamente.
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Finora tutti i film "tratti-dai-fumetti" che ho visto parlavano di personaggi e situazioni, di un intero Universo direi, che conoscevo da benino a molto bene; ne conoscevo cioè le fonti originali.
Ho sempre fatto una gran fatica a "scindere" i due media: in pratica ero uno di quei vecchi brontoloni attaccati al concetto dell'"eccessiva diversità" che intercorreva dal fumetto al film [2].
Ci ho messo un po', insomma, per capire e interiorizzare che i film non sono delle "versioni" dei fumetti, ma sono proprio altro.
Quindi no: "non è come nel fumetto" perché quello che sto guardando non è un/il fumetto!
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Quindi eccomi qui, per la prima volta facente parte - felicemente - di quella massa di "ignoranti" che guardano i (tele)film "della Marvel" senza avere letto i fumetti! [3]
Il telefilm infatti non si riferisce ai fumetti, ma a quello che è ormai diventato un Universo a sé: il Marvel Cinematic Universe (MCU), l'universo dei personaggi Marvel dei film e dei telefilm (che non è quello dei fumetti!).
Questo Universo ha anche un nome, un numero per la precisione, come ce l'hanno tutte le "Terre Alternative" della Marvel (nostro mondo compreso, quello in cui io sto scrivendo e tu stai leggendo): il MCUè Terra 199999.
Ma queste sono faccende da fumettofili, torniamo al telefilm.
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Jessica Jones (Krysten Ritter) con Luke Cage (Mike Colter), ossia L'Uomo-Più-Bello-Del-Mondo...

Jessica Jonesè una serie tv prodotta da Netflix, la oramai famosissima piattaforma di streaming (legale) online on-demand che ha tra le proprie caratteristiche quella di rendere disponibili "da subito" intere stagioni di telefilm: ciò significa - nel nostro caso specifico - che dal 20 Novembre 2015 sono disponibili sulla piattaforma tutte e 13 le puntate di Jessica Jones.
Ciò è una croce e una delizia (più una delizia, comunque): il bello è che non devi attendere per vedere "la puntata successiva", il rischio è quello di - ehm... - trascorrere ore e ore davanti allo schermo del pc. E in questo modo, quasi inevitabilmente, si privilegia la curiosità immediata del "vediamo come va a finire!" rispetto all'attenzione sul particolare e sul "lì e ora".
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un detective, Jeri Hogarth (Carrie-Ann Moss), Patricia Walker (Rachel Taylor) e Jessica (Krysten Ritter)

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Ho visto l'ultima puntata di Jessica Jones ieri sera, dopo una notevole full-immersion nel telefilm, dunque il mio giudizio, più che positivo, si basa non certamente sull'attenzione ai dettagli quanto piuttosto sull'effetto complessivo della serie.
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Jessica Jones - interpretata dalla bravissima Krysten Ritter - è una giovane detective privata dotata di poteri speciali - "doni" - quali la superforza e la capacità di effettuare salti sovrumani, nonché di ingerire quantità spaventose di alcool senza morire di coma etilico; inoltre ha un fattore di guarigione che le permette di guarire molto più in fretta di noi semplici mortali e possiede un formidabile intuito da detective. Il suo campo d'azione è New York City, per la precisione il ben noto quartiere di Hell's Kitchen.
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La serie comincia con Jessica che, dopo aver steso con un cazzotto un cliente che non voleva pagare, va dall'avvocata Jeri Hogarth, interpretata da una splendida e algida Carrie-Ann Moss (ricordate Trinity, la fidanzata di Neo in Matrix?) per chiedere lavoro. Jessica si guadagna da vivere portando allo scoperto il marcio nelle relazioni, nelle persone, nelle coppie. Non si capisce bene se ami questo lavoro, ma è molto brava nel farlo. Probabilmente la migliore.
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Luke Cage (Mike Colter)
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In una di queste "missioni" a base di scatti rubati all'imtimità di amanti clandestini, conosce Luke Cage (interpretato dall'uomo più bello del mond... volevo dire, da un freddo e risoluto Mike Colter). E qui ci interrompiamo subito per dire che anche Luke Cageè un personaggio dell'Universo fumettistico della Marvel, ben prima che del MCU. Fu creato nel 1972 da Archie Goodwin e George Tuska, su design di John Romita Sr (tutti e tre bianchi) e fu il primo supereroe afro-americano ad ottenere una sua serie a fumetti personale.
E visto che ci siamo: pare che Netflix produrrà una serie incentrata su di lui.
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Il secondo caso per Jessica arriverà da una coppia che denuncia la scomparsa della figlia Hope. La ricerca della ragazza e ciò che ne conseguirà farà scoprire a Jessica (e a noi al di qua dello schermo) che il nemico che dovrà affrontare è incredibilmente potente e dannatamente pericoloso; mortalmente pericoloso.
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psst psst...
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Qui mi fermo perché, come dichiarato all'inizio, non ho intenzione di spoilerare.
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La serie è action pura, decisamente non adatta ai minori in quanto presenta scene di violenza esplicita (e anche un mucchio di parolacce) e situazioni adulte. Gli episodi - 13 - si susseguono in un crescendo di tensione e violenza sino ad arrivare ad un finale non scontato (per quanto non così imprevedibile).
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A mio parere la forza maggiore di questo telefilm, oltre che ad un ottimo plot dinamico e coinvolgente, è dovuta alla bravura delle attrici e degli attori che interpretano egregiamente i ruoli ben costruiti dall'ideatrice Melissa Rosemberg e dagli altri/e sceneggiatori.
I personaggi comprimari non sono molti - e ciò a mio avviso è un bene, perché proseguendo nella visione della serie si ha la sensazione di conoscerli sempre meglio - e hanno tutti e tutte una psicologia ben definita e forte; forse in un paio di casi questa psicologia è un po' tagliata con l'accetta, ma è pur sempre efficace e divertente.
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Patricia Walker (Rachel Taylor)
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Non mancano personaggi LGBT, dato che questa serie punta sì sull'azione e sulla manifestazione di superpoteri, ma anche su un certo "realismo" per quanto riguarda gli aspetti umani e personali dei personaggi, che aumentano il coinvolgimento nella fruizione della storia.
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La scelta di un unico Nemico - scelta sulla quale inizialmente nutrivo qualche dubbio - si rivela invece ottima, in quanto nello scorrere dei 13 episodi abbiamo modo di assistere a un crescendo sempre più coinvolgente che culminerà proprio nell'ultima puntata. Nel frattempo potremo conoscere (e odiare) sempre di più il Villain le cui caratteristiche comunque possiedono ben più di una interessante sfaccettatura.
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Per chi legge i fumetti Marvel, o anche per chi ne conosce solo i film (il MCU appunto), non mancano i riferimenti ad altri personaggi ben noti: da ciò si capisce che Jessica Jones vive nello stesso mondo/universo in cui agiscono gli Avengers (Terra 199999); si nominano altri supereroi, senza chiamarli con il loro nome (ma noi capiremo benissimo a chi Jessica si sta riferendo!)
Jessica Jones, per tutto ciò e per altro che scoprirete guardandone e godendovi le puntate, è per quanto mi riguarda una serie tv consigliatissima e spero ardentemente in una seconda stagione.
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Malcolm Ducasse (Eka Darville) e Jessica
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Un appunto per quanto riguarda il dopiaggio italiano.
Ho visto alcuni episodi in lingua originale (con sottotitoli) e altri doppiati in italiano.
Personalmente ritengo esagerata (e anche immotivata) questa leggenda che dice che "abbiamo i migliori doppiatori del mondo".
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Personalmente - ripeto: personalmente - ritengo che questa "leggenda" sia dovuta al fatto che siamo uno dei pochi Paesi al mondo a usare il doppiaggio, pratica che ritengo rovini molto il film o il telefilm che sia. Probabilmente è un'idiosincrasia personale, ma dopo decenni di doppiaggio non sopporto più di vedere bocche non sincronizzate col suono, espressioni non sempre tradotte fedelmente e soprattutto sentire persone che anche per dire che vanno alla toilette parlano con la voce impostata "alla" Vittorio Gasmann (massimo rispetto per lui, sia chiaro!).
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[Tutto quanto detto finora riguardo al doppiaggio non vale per gli anime (e per i cartoni animati in generale), per il semplice motivo che le bocche dei personaggi non sono necessariamente "sincronizzate" col parlato e inoltre nella maggior parte dei cartoni animati non abbiamo grosse pretese di "realismo", anzi spesso tutto è enfatizzato al massimo, voci comprese, quindi in quei casi non mi infastidisce troppo il doppiaggio.]
Detto questo non mi sento certo di criticare il doppiaggio di Jessica Jones, visto che non sopportando più il doppiaggio in generale, non ho proprio i titoli per muovere alcuna critica.
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Per ultimo una nota generale su Netflix: prezzo ottimo, qualità ottima, sia di streaming che di immagine; scelta per ora non vastissima, ma che vale comunque la spesa, davvero modesta e affrontabile da chiunque.
 p.s. di Daredevil ne parliamo prossimamente?....
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Note:
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[1] Tanto vale confessarlo subito: anni fa scrissi anche alcune fanfic (mioddìo, lo sto davvero confessando pubblicamente...) a tema BTVS le quali, probabilmente per gentilezza e cortesia, furono anche molto apprezzate nei luoghi virtuali di BTVS-fan in cui scelsi di pubblicarle.
No: erano tutte salvate su floppy-disk (che non possiedo più) e non so nemmeno se quei siti/forum in cui vennero pubblicate esistono ancora. Quindi no: non si possono leggere.
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[2] Ok: ero uno di quelli che al cinema vi faceva incazzare da matti perché praticamente ad ogni scena sbottavo nel tipico "Ma nel fumetto non è così!"... Faccio ammenda. Scusate.
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[3] In realtà la Jones dei fumetti un po' la conosco: adoro specialmente le magnifiche tutine che fa indossare alla figlia, veri concentrati di kawaii, le tutine e la piccola... (già: nei fumetti Jessica Jonesè sposata con Luke Cage e i due hanno una bambina)






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Il Gioco dell'Oca

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Il Gioco dell'Oca


di Stefano Munarini, testi
e Mauro Ferrero, disegni


volume unico
brossurato con bandelle

112 pag., tricromia

euro 9,90

Tunué




"Pazzesco, ci sono lettori di fumetti persino in Finlandia, dovunque sia...".
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E' molto difficile oggi produrre un'opera originale.
Sarà forse perché il pubblico appassionato è cosciente di questa difficoltà, ma nessuno oramai pretende, né chiede, originalità: a tutti noi basta una storia che sia bella.
Però ci sono sempre le - rare - eccezioni: ebbene Il Gioco dell'Ocaè una storia originale.
E anche, anzi soprattutto, bella.
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Stefano Munarini ha scritto una storia che si stampa nel cuore e tocca corde che ogni persona anche solo minimamente appassionata di fumetti sentirà vibrare forti e, finalmente e fatalmente, fa girare molte emozioni. 
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Il Gioco dell'Ocaè una storia (anche) sui fumetti che però non ha bisogno di giochetti di "metafumetto" (i quali peraltro generalmente riescono bene solo al maestro Alan Moore) per risultare credibile e per produrre in chi legge sentimenti forti e talvolta contrastanti.
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E' anche - soprattutto - una storia d'amore, non di amore romantico, ma di amore vero per il Fumetto e per i fumetti che non ha nulla di didascalico né, che sarebbe assai peggio, di "educativo".
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E' la storia d'amore e di un sogno, che accomuna o ha accomunato molte delle persone che stanno leggendo queste righe: il sogno di diventare autore/autrice di fumetti.
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Per la storia scritta da Munarini non potevano che esserci i disegni di Mauro Ferrero, freschi e senza fronzoli, ciò nonostante così espressivi e vivi; la delicata tricromia (bianco, nero e verde acqua) dà alla storia tutta, agli eventi e ai personaggi, toni pacati e mai "urlati", benché sempre intensi e, di nuovo, vivi.
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Pochi tratti, sia nel testo che nel disegno, bastano per raccontare con estremo realismo e con poesia, un protagonista (Jason) che - al di là di ogni retorica o "frase-da-recensione" - potrebbe davvero essere chiunque di noi...
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"Come ti dicevo, mi preoccupa molto la qualità dei vostri comics. Anziché progredire come forma d'arte sembra che stiano diventando sempre più commerciali."
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Le frasi e le discussioni di Jason con gli amici, quelle dette dagli autori di fumetti durante le presentazioni dei loro lavori, l'ansia e la gioia di essere presenti e in qualche modo partecipi di quel mondo colorato e in apparenza glorioso che pare situarsi al di sopra della banale realtà di tutti i giorni... chi di noi non ha mai sentito scorrere nelle vene quell'eccitazione, quel senso di appartenenza a un mondo "solo nostro" del quale è un privilegio far parte, non fosse che come fruitori? Cos'è se non proprio questa ridda di sentimenti la passione per i fumetti?
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Sapete che non amo svelare le trame, la scoperta della storia è un piacere che lascio a voi scoprire, ma per situare in qualche modo ciò di cui sto parlando farò qualche cenno (che potrete trovare, più sostanzioso e chiaro alla pagina dell'Editore dedicata a Il Gioco dell'Oca).
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Jason è un giovane uomo; vive in una cittadina del Texas con mamma e papà e fa un lavoro molto simile al mio: ben poco gratificante in cambio di uno stipendio misero.
E' un lettore, e forse un collezionista, di fumetti. Li ama e ne ama il mondo che li circonda, o meglio l'idea che si è fatto di come debba essere quel mondo. Ne vorrebbe far parte, lo desidera veramente...

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Per questo un giorno Jason decide di sperimentare in prima persona cosa significa farne parte e, pur con tutta la sua timidezza (magnificamente narrata dal testo e dai disegni), mette in atto una strategia fantastica - e illegale - con cui realizzerà momentaneamente il suo sogno e che gli farà provare l'intera gamma dei sentimenti e delle situazioni umane: come la (temporanea) gloria, la caduta, la pena e il dolore, una lenta e faticosa rinascita. Fino ad arrivare a un finale di consapevolezza, di faticosa presa di coscienza che personalmente mi ha fatto venire la pelle d'oca.
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Attenzione, non si tratta di affrontare in modi compiacenti concetti banali e abusati come il wannabe-ismo o il nerdismo, siamo su ben altri livelli: in questa storia nessuno viene cinicamente sfottuto, non ci sono isteriche rivendicazioni né forzature narrative utili a far sentire "grandi" gli autori.
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Come dicevo prima, né didascalismo né pretese didattiche né "raccontare una cosa per farne emergere un'altra" e neppure messaggi sociali tra le righe: Il Gioco dell'Ocaè una storia d'amore, di persone, di scelte (duramente pagate), di persone, non di concetti astratti. Una storia che si dipana delicatamente, e dolorosamente, sotto i nostri occhi; una storia, se vogliamo, "piccola" in cui non ci sono eroismo o spettacolarità; una storia così dannatamente umana.
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E' proprio questo il maggiore punto di forza, quello che ci permette di leggere Il Gioco dell'Oca e di sentirsene immediatamente e profondamente coinvolt*: la storia si insinua facilmente e con delicattezza nel nostro cuore facendoci sentire Jason in un modo tutt'altro che concettuale o astratto.
Confesso che verso il finale mi sono molto commosso, intendo anche fisicamente commosso con lacrime e gran soffiate di naso e di questo sono molto grato a Munarini e a Ferrero, lo dico senza alcuna piaggeria.
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Voglio ancora dire, perché forse finora sono stato un po' ambiguo su questo punto, che al di là dell'argomento del volume, questa è una storia che può leggere chiunque e chiunque può goderne, non si tratta infine di una storia esclusivamente per "adepti/e del Fumetto" o per qualche categoria "speciale" di persone. L'amore, la passione, l'errore e la consapevolezza sono stati e sentimenti umani: davvero, non c'è bisogno di altro che di essere umani per lasciarsi andare alla lettura della storia, scritta da uno Stefano Munarini davvero in forma e ispirato.
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Un cenno, da non-specialista come sempre (mi perdonerà il disegnatore se dirò cazzate) sui bei disegni di Mauro Ferrero: per quanto mi riguarda non riesco a immaginare disegnatore migliore di lui per questa storia [tra l'altro Ferrero e Munarini non sono alla loro prima collaborazione: prima di questo volume c'è stato Winnegans Fake per Edizioni BD].
Il suo segno non aggressivo ma sicuro mi ha ricordato un po' certo (ex)underground colto (sia inteso nel migliore sei sensi) sia americano che europeo.
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Le ombre sono poco presenti, quasi assenti direi, e per questo potremmo parlare si una linea chiara che tende a narrare più che a descrivere.
Sarà banale dirlo, e mi rendo conto che ciò che segue poco aggiunge, ma trovo il segno di Ferrero gradevolissimo, mai stancante, caldo e "sentimentale".
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I disegni di Ferrero hanno un'attitudine cartoonesca anti-realistica - il disegnatore usa con attenta ed equilibrata parsimonia linee e segni - sono però molto espressivi e lasciano trasparire bene le emozioni e gli stati d'animo.
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Credo che chi abbia avuto la pazienza di leggere sin qui abbia perfettamente compreso quanto Il Gioco dell'Oca mi sia piaciuto, mi abbia "preso" dentro e mi abbia commosso. E' ovvia quindi la raccomandazione, meglio: il consiglio, di dare a questo volume di Munarini e Ferrero una possibilità, perché rischia di piacervi davvero, davvero tanto.
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Buone emozioni.
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Orlando Furioso

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Buon Quel-Che-Volete!

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Il disegno dell'amicaLaura Spianelliera troppo bello per non rubarlo dal suoblog :)
(cliccate sul disegno per vederlo tutto quanto bello grande!)
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E a tutte e tutti voi buone feste, qualsiasi cosa intendiate con "feste"!
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Non è un bilancio...

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L'ultimo post del 2015.


Ieri sera pensavo al fatto che sarebbe stato banale scrivere qualcosa sul blog proprio l'ultimo giorno dell'anno.
Infatti eccomi qui. L'ultimo giorno dell'anno.

Non so
perché sto scrivendo e non so ancora dove voglio andare a parare.


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L'ultimo dell'anno è in fin dei conti niente più che una convenzione. In altre parti del mondo l'anno comincia e finisce in altri giorni. Eppure è forte il sentore di cambiamento che questa data, il fatidico 31 Dicembre, ci suggerisce. L'ultimo dell'anno ci spinge a fare qualcosa di diverso dal solito...

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uno dei miei ultimi acquisti
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Potrei parlare di cose della mia vita e di fumetti (in effetti essendo i fumetti parte della mia vita, non c'è iato tra le due cose).
Non vorrei fare un "bilancio", ma il 2015 appena (quasi) terminato è stato per me veramente particolare, denso di cambiamenti, alcuni piccoli altri che hanno avuto un impatto enorme sulla mia vita.
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A cominciare dalla scelta del part-time sul lavoro, che mi ha regalato qualche ora in più di tempo libero (che fino ad ora ho quasi sempre usato per sonnecchiare sul divano insieme a Camillo e alle Micie e con lo stereo acceso) e che mi ha tolto una bella fetta di stipendio.
Non rimpiango assolutamente quel denaro che non guadagno più, ma la riduzione di stipendio significa giocoforza la drasticissima riduzione dell'acquisto di fumetti.

uno dei miei ultimi acquisti
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E a proposito di fumetti: con l'anno nuovo spero tanto di poter leggere più fumetti con storie e personaggi LGBTQ! 
.Perciò lasciatemi fare i complimenti speciali al blog di Wally Rainbow, l'unico in Italia ad occuparsi di fumetti (e quanto ad essi gira intorno) a tematica LGBT, e alla casa editrice Renbooks che edita con passione (e non poca fatica, immagino) meravigliosi fumetti a tema LGBT e che si sta meritatamente conquistando un suo fedele e appassionato (e agguerrito!) pubblico. Buon 2016 a tutte e tutti voi in particolare!
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Sempre parlando di fumetti, il 2015 è stato per me un anno di grossa empasse per me: come tutte le cose, anche l'approccio individuale coi fumetti può avere degli up e dei down; diciamo che il 2015 è stato parecchio down (e l'onda lunga continua tuttora).
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Non è un caso se l'anno che si sta concludendo è stato quello in cui ho scritto di meno sul blog.
Ho letto poco. Cioè: ho letto pochi fumetti [1] ma in compenso mi sono rimpinzato di libri.
Ricordo innumerevoli momenti in cui il dubbio se leggere un fumetto o un libro veniva risolto cacciandomi a capofitto nella lettura di quest'ultimo.
Dunque sono sazio di libri e affamato di fumetti.
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uno dei miei ultimi acquisti
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Non credo sia un problema dei fumetti [2], ma credo che il problema - se di problema si tratta - sia esclusivamente da ascrivere alla mia persona e soprattutto alla mia testa. Da un lato entriamo in questioni psicologiche profonde che, tranquill*, vi risparmio volentieri; dall'altro è innegabile che un minimo (un minimo eh!) di stanchezza c'è: se in un mese leggo millemila libri e solo dieci fumetti (cifre indicative) un pensiero me lo devo fare.
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Una possibile spiegazione potrebbe essere l'esagerato accumulo che ho portato avanti in questi ultimi anni; un accumulo spesso dettato più da brama di possesso che non da genuino interesse per le opere in sé; un godimento estatico nel vedere tutti quegli scaffali gonfi e straripanti di fumetti; quasi un piacere maggiore nel possederli che nel leggerli.
Quando sono sommerso da qualcosa [3] tendo a spaventarmene e a scappare da quella marea di "cose" che attende famelica di essere letta/ascoltata/vista/ecc.
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Ad esempio - so di ripetermi, ma tanto il blog è mio e mi ripeto finché mi pare - nonostante razionalmente sappia benissimo che, come dice anche Pennac nel suo libro "Come un romanzo", è mio inalienabile diritto leggere quel che mi pare, soffro ancora di "sensi-di-colpa" (?) rispetto alle mie letture.
Quindi messo davanti alla scelta tra il Fumetto Bellissimo E Importante Che Devo Assolutamente Leggere Perché E' Fondamentale e il fumetto meno bello e non granché importante che avrei più voglia di leggere perché forse mi divertirebbe di più, vado in crisi e mi butto su un libro, che mi piace senza sensi di colpa.
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uno dei miei ultimi... ehm... acquisti
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I consigli tipo "fregatene e leggi quel che ti pare!"sono ahimé perfettamente inutili, visto che essendo dotato di un minimo di raziocinio queste cose le so già da me. Mi do continuamente ottimi consigli, ma evidentemente siamo davanti a qualcosa di molto profondo, di cui probabilmente sono in parte conscio.

Va bene, basta parlare di questo: sono certo che ne riemergerò vittorioso e a questo proposito ho alcune belle pile di fumetti da leggere (o già letti) di cui spero di parlarvi nell'anno che viene!

Fumetti a parte, nel 2015 ho perso alcune persone; non nel senso che sono morte (tiè!), ma nel senso che non le frequento più. Perdere le persone è sempre una propria scelta. Alcune persone - diciamo un paio - le ho perse più che volentieri.

Poi ci sono tutte le persone che ho "perso" uscendo per sempre da faceboook. Ma le avevo mai davvero "avute" queste persone?... Ovviamente la risposta è no. Tant'è che con le tre-quattro persone ex "amiche di fb" con cui c'era qualcosa di più, i contatti sono stati mantenuti e anzi ci hanno guadagnato in qualità!
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Uscire da fbè stata una delle scelte forti del 2015 che mi hanno cambiato la vita.
Non ho intenzione di fare qui la disamina anti-apologetica di questo nefando "social" che sta mangiando l'anima a mezzo mondo, ma è innegabile che la mia vita senza fb sia diversa da prima. Tranne che per questo blog, che non ha né beneficiato né non-beneficiato dalla mia uscita da fb, e lo stesso fu per il mio ingresso su fb nel 2010.
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Dato che - pare banale dirlo perché la verità pare sempre banale - questo blog non esiste per accumulare "mi piace" o contatti o numero di visite [4] i "social" non hanno per questo blog alcuna utilità. Non ho nulla da "promuovere" e sono pienamente soddisfatto che le persone che stimo stimino a loro volta questo blog. Tanto mi basta, anzi: non spero in nulla di più, perché la stima delle persone che stimo è per me la cosa più bella che ci sia. Se volete fate pure partire i violini, ma è la pura e semplicissima verità e non ci sta dietro null'altro.
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Altro grandissimo cambiamento di vita (in meglio!) avvenuto in realtà già alla fine del 2014, è stato l'incontro con Camillo, il nostro cagnolino.
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Camillo!


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Non pensavo fosse possibile provare un amore del genere, sul serio. Senza nulla togliere alle nostre due adoratissime Micie, diciamo che Camillo manifesta il suo amore e la sua gioia di vivere con noi in un modo così intenso e totalizzante e meraviglioso che ci ha letteralmente riempito il cuore di amore e felicità. Ha fatto immediatamente amicizia con le due Micie e vederli insieme che si corron dietro per casa annusandosi i reciproci sederi e saltando come dei camosci è una gioia ulteriore, così come vedere quando dormono vicini proteggendosi a vicenda. Camillo ha anche migliorato i nostri rapporti sociali: basta uscire con lui che ci scappa la coccola e relativa chiacchierata con un sacco di persone, senza contare che le amiche e gli amici ora hanno un piacevole motivo in più per venirci a trovare.
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Mutts di Patrick McDonnell
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Durante il 2015 ho scoperto, o ri-scoperto, dei blog che sono diventati per me veri e propri punti di riferimento quasi quotidiani e che mi hanno realmente arricchito l'esistenza.
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Il primo è senz'altro quello di Sauro Pennacchioli: sebbene sia online da pochissimo tempo (il primo articolo ha la stessa data del mio 55mo compleanno ^__^) si è già guadagnato - meritatamente - un vasto seguito fatto di moltissime visite e di tanti commenti sempre ricchi e stimolanti.
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Sauro ha un linguaggio diretto, certamente poco "politicamente corretto" e non sempre - vivaddio! - sono d'accordo con lui, ma proprio per questo suo essere sincero e diretto e anche talvolta "scomodo", lo rende pressoché unico e indispensabile nel panorama dei blog fumettistici italiani e non solo.
Soprattutto il blog di Sauro è zeppo di interessantissime informazioni e notizie, spesso "di prima mano" in quanto l'autore è un professionista del fumetto da moltissimi anni ed è contestualmente un super-appassionato e una vera e propria enciclopedia vivente sul fumetto mondiale! (sapeste l'invidia che mi fa...).
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dal blog di Sauro Pennacchioli
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Altro blog che ho ri-scoperto (mi perdevo un sacco di suoi post perché per insondabili problemi di Blogspot, non comparivano gli aggiornamenti sulla barra destra dei miei preferiti...) è quello di Hana Hanabi, di cui ora potete ammirare il bannerino in alto a destra!
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Hana è, come lei stessa si descrive: "Appassionata di anime e manga da sempre, spettatrice e lettrice onnivora, con una non celata propensione per shonen, mecha e BL".
Il suo blog verte sempre su argomenti non banali, non necessariamente mainstream o "di moda" (hype) e proprio per questo molto interessanti. Anche lei dei suoi soggetti preferiti ne sa davvero tantissimo! (invidia pt. 2...)
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dal blog di Hana Hanabi
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Passando ad altro medium, non avrei mai e poi mai pensato di appassionarmi così tanto a un... video-blog (si dirà così? o forse meglio a un "canale youtube"): quello di Filippo "Altroquando" Messina, che è riuscito in un'impresa che non credevo possibile, cioè quella di rendere interessanti, divertenti (talora esilaranti), stimolanti e piacevoli da vedere delle... "recensioni-video" (o come diavolo si chiamano)!
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Non ho mai amato le "video-recensioni" (o come diavolo si chiamano): mai piaciuto vedere un faccione in primissimo piano che mi "racconta" un fumetto (o un film o qualsiasi altra cosa) mentre agita le mani e dietro di lui/lei "sfoggia" uno sfondo formato da improbabile colore di parete da camerette adolescenziale. Scusate.
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Ebbene i video di Filippo sono tutt'altro e sono uno degli appuntamenti che aspetto con più ansia e che mi godo di più, rivedendomeli anche più volte.
Vi consiglio vivissimamente - se già non l'avete fatto - di iscrivervi al suo canale, ché non ve ne pentirete!
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da uno dei fantastici video di Filippo "Altroquando" Messina
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Gli altri blog che amo li potete vedere sempre qui sulla barra a destra. Ogni tanto ne aggiungo , raramente ne tolgo (ma è capitato) e insomma, se siete lì a destra vuol dire che vi seguo e vi amo, senza "scambi di link" o altre scemenze del genere :)
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Tornando ai fumetti: con l'anno nuovo spero di riprendere a leggerli con maggiore costanza e sana voracità e spero anche di parlarne un po' più spesso qui sul blog. Cioè questo sarebbe il mio desiderio, oltre a quello - ben più difficile da realizzare - di diventarne un po' più "esperto"(seeeee, vabbé...).


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C'è anche una cosa che devo fare in quest'ultimo dell'anno ed è quella di chiedere scusa a tutte le persone che mi hanno inviato volumi o albi o pdf di fumetti di cui non ho ancora parlato qui sul blog.
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Non ho alcuna giustificazione. Poco tempo (è vero, ora faccio il part-time, ma ho pur sempre una casa, un fidanzato e tre bestiole da curare...), la stanchezza che con l'età è drasticamente aumentata... no no, in realtà l'unica "scusa", che non è una scusa ma una colpa, è la mia fottutissima pigrizia, che talvolta (spesso) confina con l'accidia...
So che chieder scusa è perfettamente inutile, è anzi una non-azione; spero quindi di trovare quanto prima la forza e l'energia di agire e riprendere in mano come-si-deve questo accidenti di blog e di riuscire a parlare di queste opere che così gentilmente mi sono state inviate. Per ora, posso solo ringraziarvi per la pazienza.
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il mio Eroe, Mr Stan Lee, ha appena compiuto 93 anni e io lo amo
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Bene, sono contento di aver avuto almeno l'occasione di segnalare alcune situazioni in Rete che amo, e che vi consiglio caldamente.
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Per quanto riguarda i buoni propositi: sono anni che ho smesso di farne. Non credo di averne mai rispettato uno in vita mia. Quando ho fatto le cose "buone & giuste"è sempre stato perché me la sentivo o perché tutto accadeva all'improvviso. Non c'è modo migliore per non fare una cosa, per quanto mi riguarda, che farne un "buon proposito"...

Ragion per cui, come diceva la Più Grande Band di Tutti i Tempi, Let it Be.

Buon Anno Nuovo a tutte e a tutti voi, e grazie di cuore!

p.s. Ho tolto i commenti, così non siamo obbligati a farci gli auguri un* ad un* :-)






Note:

[1] Intendiamoci: ne ho letti "pochi" rispetto agli standard abituali

[2] Spero sia sufficientemente chiaro che anche se sono un grumpy old man non appartengo alla categoria del "Oggi Fa Tutto Schifo Ai Miei Tempi Sì Che Era Tutto Figo I Fumetti Non Son Più Quelli Di Una Volta Qui Un Tempo Era Tutta Campagna".

[3] M
i è successo lo stesso con la musica, anni fa: mioddìo, tanti di quei ciddì e vinili e k7 da ascoltare... Per un po' ho quasi smesso di ascoltare musica. Fino a che, scremando - anche dolorosamente - non ho alfine capito quale musica fosse vera passione e quale fosse mero possesso/accumulo. Ovviamente una volta compreso questo, sono tornato a godermi la musica - che per inciso è una delle passioni più grandi della mia vita.

[4] Visite che sia qualitativamente che quantitativamente si mantengono comunque su standard per me elevatissimi! (E di questo vi ringrazio ^^)

Jack Kirby, mio Eroe




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Convenienza e beneficenza - Image Comics

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Ancora una volta mi trovo a condividere molto volentieri un articolo dal blog di Wally Rainbow, che dovreste conoscere oramai bene, e se non lo conoscete ecco l'occasione giusta!

L'articolo parla di un'iniziativa molto interessante messa in atto dalla Image Comics, casa editrice statunitense che pubblica fumetti; iniziativa lodevolissima - che certamente sarà  subito imitata qui in Italia... ah ah ah ah!... - che sta avendo un notevole successo e che è molto interessante per i lettori e le lettrici di fumetti, di qualsiasi orientamento sessuale e/o di genere siano...








Can You Hear Me, Major Tom?...

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Quando è morto John avevo vent'anni. Vent'anni e 44 giorni.
Amavo lui e gli altri Tre dal 1965, cioè dalla prima volta che mia sorella - di undici anni più grande di me - mi aveva fatto sentire un loro singolo (alla radio o col giradischi, non ricordo; avevo solo 5 anni).
L'amore con loro non è mai finito e non finirà mai, anche se oramai John e George ci (mi) hanno lasciato.
Se sarò ancora su questa terra quando se ne andranno Paul e Ringo, non so immaginare come reagirò. Per la morte di John ho pianto per tre giorni senza quasi riuscire a smettere. La morte di George mi ha colto un po' più preparato (lo sapevamo, tutto il mondo sapeva che era malato).
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Anche se non vorrei, il pensiero della morte è molto presente in me, da qualche anno, pur non soffrendo di alcuna malattia seria.
Da qualche tempo, omicidi a parte (come per John), muoiono uno dopo l'altro tutti i miti della mia vita.
Non posso non pensare a mio padre che, giunto alla stessa età che ho io adesso, diceva spesso "ma stanno morendo tutti!" intendendo tutti i suoi miti, gli attori e le attrici, i cantanti e le cantanti, i personaggi pubblici che amava.
Sta succedendo la stessa cosa anche a me.
Se ne vanno le persone che non ho mai conosciuto e che però sono state così incredibilmente importanti per la mia vita.
E la sensazione è orribile, terrificante.
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Un pomeriggio del 1972. Probabilmente ero un po' triste, com'è stato per la maggior parte dei pomeriggi della mia adolescenza. Cercavo di fare dei compiti, e fuori c'era il sole. Gli unici in casa eravamo io e mia madre, che spadellava qualcosa o forse puliva casa. La radio, come accadeva ogni giorno dalle 7 del mattino fino alle 7 di sera, era accesa.
Io continuavo a sentirla anche dopo tramite la mia radiolina a transistor rossa: Supersonic e Pop-off erano i miei programmi preferiti, quelli che probabilmente, insieme ai dischi dei miei fratelli e sorelle maggiori, hanno determinato la mia formazione musicale. (Credo di non esagerare affatto se dico che la musica abbia determinato gran parte di quello che sono).
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Potendo comprare personalmente non più di un long-playing ogni tre-quattro mesi, la radio, Ciao2001 e i dischi che prestavano a mio fratello erano le mie uniche fonti di conoscenza e formazione musicale.
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Quel noioso pomeriggio del 1972 ascoltai per la prima volta Starman di David Bowie.
Quel nome - David Bowie - io l'avevo già letto su Ciao2001 (e non sapevo come diavolo si pronunciasse). Il brano mi era piaciuto tantissimo, quindi fanculo i compiti e via a sfogliare tutti i miei Ciao2001 per trovare qualche sua foto.
Comiciò così, in modo magari un po' sciocchino, ma viscerale e autentico, la mia storia d'amore per David.
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Come sa bene chiunque si sia (molto) appassionato di musica fin da piccolo/a, durante l'adolescenza l'elemento estetico dei propri idoli musicali ha una certa importanza, ieri come oggi. Solo che "ieri" la musica restava comunque la componente principale, l'estetica veniva comunque dopo.
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Non avendo ancora, a 12 anni e mezzo, sviluppato pienamente i miei gusti bear devo dire che David Bowie mi piaceva molto anche esteticamente e quando, più di un anno dopo, riuscii a procurarmi un suo piccolo poster, ne fui felicissimo! Allora riuscire ad avere un poster era un'impresa tutt'altro che semplice: bisognava fare la guardia all'edicola della stazione centrale (l'unica che vendeva anche riviste straniere) e guardare con attenzione - senza toccare! - qualsiasi rivista fosse esposta e sperare di beccare il poster in omaggio. In genere la rivista che offriva più poster in omaggio era la tedesca Bravo!. Beh, certo, bisognava anche avere i soldi per comprarla e per questo venivano mobilitati persino i parenti. Ricordo che arrivammo a prendere, nel 1973, un poster dei Genesis... in condivisione! Sei mesi lo tenevo appeso io nella mia camera, sei mesi lo teneva il mio amichetto del cuore. Pare parlare dell'antica Grecia, e invece si tratta "solo" di 43 anni fa...
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Ok, il poster di Bowie era fatto, ora mancavano i dischi; non che in radio non venisse passato (qui per "radio" si intende la rai: non esistevano ancora le radio "libere") ma la vera passione è quella che ti fa rinunciare persino... ai fumetti pur di comprare gli album dei tuoi miti musicali!
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Per guadagnare il denaro necessario a comprare i long playing facevo qualche oretta di lavoro il pomeriggio in una cartoleria vicino casa, inoltre mi barcamenavo con la compravendita dei fumetti che possedevo (o che "ereditavo": avevo molti zii, mia madre era la seconda di quindici fratelli e sorelle...). E poi c'erano i regali, natale e compleanno: immancabilmente come regalo chiedevo un long playing.
La mia piccola collezione di long playing cominciò ad arricchirsi di album di David Bowie, che ancora non era diventato il Duca Bianco.
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Tra i miei personali momenti musicali extra-Beatles più importanti, c'è il primo ascolto di Diamond Dogs, l'album di Bowie uscito nel 1974: a malapena quattordicenne, sdraiato a pancia in giù sul divano di skai rosso nella "mia" cameretta piansi senza quasi riuscire a smettere quando attaccò l'inizio della mini-suite Sweet Thing - Candidate - Sweet Things Reprise. Non sarà il suo pezzo migliore, ma ancora oggi quando lo ascolto devo trattenere le lacrime e, che sia il suo pezzo migliore o meno, per me resta uno dei brani musicali più belli dell'universo. (Lo ascolto, commosso, anche in questo momento)
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Ogni suo nuovo album era diverso dal precedente, lui era sempre diverso dal Bowie precedente e non c'era mai alcuna possibilità di "già sentito" e tantomeno di "già visto": David ci stupiva, ci ammaliava, ci commuoveva, ci straziava letteralmente l'anima, ci riempiva di cocci di vetro glitterato che tintinnavano e tintinnano ancora dolorosamente dentro il cuore e ci svuotava come bambole di pezza, sempre e sempre, ogni volta, a ogni album, a ogni ascolto, a ogni canzone, il Maggiore Tom, l'Uomo che Vendette il Mondo, Ziggy, Aladdin, il Giovane Americano, il Duca Bianco, l'Eroe, l'Affittuario, il Clown e sempre e sempre fino alla Stella Nera...
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.Per me, da sempre, la vita è nettamente divisa: da un lato le cose poco importanti e che mi fanno sentire prigioniero in un mondo nel quale mi sono sempre sentito un po' estraneo e nel quale il mio respiro è come mozzato, dimezzato, faticoso: il lavoro, la casa e le sue incombenze, il denaro, il chiacchiericcio che mi circonda; poi c'è l'Altra parte, il mio vero mondo, quello in cui la mia coscienza si espande e abbraccia l'universo intero: la Musica.
La musica è la mia massima emozione, insieme all'Amore (ma non so concepire l'uno senza l'altra). La musica non è un insieme di note matematicamente corretto, cioè certo, lo è anche, ma tutto ciò che costruisce la vera musica è sotteso dall'emozione e l'unico suo scopo è emozionare. Non "intrattenere", non "far battere il tempo", non "vendere dischi", non "parlare di musica".
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Da quel pomeriggio del 1972 ho seguito ogni nuova uscita di David (noi che lo amiamo l'abbiamo sempre e solo chiamato David, e così continueremo a fare tra di noi e dentro di noi) e ho ascoltato ogni sua nuova uscita col cuore fermo per l'emozione e per la paura,la paura che il tuo idolo possa in qualche modo deluderti.
[Quella paura si è orribilmente materializzata durante gli Anni 80, quando David ha partorito album talmente brutti (Tonight e Never Let Me Down) da fargli dichiarare di vergognarsene, direi più che comprensibilmente.]
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Una delle gioie più grandi è stata quella di poterlo vedere due volte dal vivo, in condizioni perfette lui, in condizioni di perfetta visibilità e di perfetto suono, entrambe le volte con una band strepitosa (purtroppo ai tempi degli Spiders from Mars ero troppo piccolo...) 
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Mentre ora uno dei dolori più grandi è la consapevolezza che non potrò vederlo mai più. Se non in sogno.
Non ci sarà più l'attesa di un nuovo album, anche registrato da una voce vecchia e stanca, anche non proprio bello, anche ansimato delicatamente... tutto sarebbe meglio piuttosto che sapere che David se n'è andato.
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Quando ho letto della sua morte erano le 7.30 del mattino e io ero già in ufficio, sfogliavo instagram e mi sono imbattuto nella peggiore delle immagini, la scritta che David era spirato quella stessa notte circondato dall'affetto dei suoi famigliari. Dopo che il mio cuore ha perso due o tre colpi e un immediato senso di vuoto mi ha riempito lo stomaco (o era l'anima?...), mi sono subito ripreso: che furbacchione - ho pensato - questa è un'ottima mossa pubblicitaria per aumentare le vendite del nuovo album! Poi sono andato subito a conbtrollare su wikipedia: c'era ancora solo la data di nascita! Evviva! David non è affatto morto! Ah ah ah! Che tipo!
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Pochi minuti dopo è entrata la mia collega e la sua prima frase è stata:"Hai sentito? E' morto David Bowie!"ma io non ci credevo e le ho subito esposto la mia teoria sull'aumento delle vendite dell'album e sono andato sulla pagina di wikipedia per dimostrarle che...

...e invece quelli di wikipedia avevano già corretto: ora compariva anche il luogo e la data di morte. Che sciocchezza, ho pensato, anche wikipedia ha creduto alla trovata pubblicitaria...
La collega intanto sfogliava le prime pagine dei giornali in rete e mi confermava che David Bowie non era più su questo mondo.
Quello che è mi è successo dopo non vale la pena di essere raccontato. Solo, non riesce a passarmi questa maledetta tristezza, non riesco a rendermi davvero conto che David non c'è più. Forse lo pensavo immortale, credevo che sarebbe sempre rimasto qui, anche molto vecchio, anche molto malato.
E invece non c'è più. E se non scrivevo qualcosa mi scoppiava il cuore, anche se sono passati diversi giorni ormai da quella maledetta mattina in ufficio.
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Da quel giorno non riesco a pensare a molto altro; certo, faccio tutto quanto quel che devo fare, e rido e scherzo (forse solo un po' meno del solito), ma dentro sono un po' morto anch'io. Che esagerazione, certo, lo so, che esagerazione! Non era nemmeno un mio parente! (Evidentemente non sapete quanto poco me ne fotte dei parenti).
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Continuo a pensare agli innumerevoli momenti di gioia intensa, di dolore straziante, di sogno, di rabbia, di speranza, di sublime godimento estetico che le canzoni di David mi hanno dato dal 1972 ad oggi, ricordo moltissimi di quei momenti, ricordo la prima volta che ascoltai Five Years e piansi fino ad addormentarmi; il pianto è un'emozione che ho provato infinite volte ascoltando le sue canzoni. Ricordo i pomeriggi passati con le due Patrizie cantando a squarciagola le sue canzoni e quanto difesi l'album Young Americans a dispetto delle critiche negative che si era guadagnato (in quell'album c'è una canzone che ascolterei dieci volte al giorno tutti i giorni: Somebody Up There Likes Me...) ricordo quanto ci sconvolse la Trilogia Berlinese e che quando arrivò il punk, e ne abbracciai subito estetica e musica, capii quanto David avesse anticipato mille cose e fosse già avanti cent'anni.
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Se non scrivevo qualcosa, se non vedevo i miei pensieri (che banalità... tutto qui? davvero è tutto qui quello che provo e che ho provato?... quanto è limitante avere un piccolo cervello che deve faticosamente guidare un'anima disordinata e triste...) se non dicevo in qualche modo al mondo il mio dolore per la morte di David, mi sarebbe sembrato di non riuscire a liberarmi. E se non avessi avuto questo stupido blog? Avrei riempito qualche paginetta di uno stupido diario, forse. Avrei pianto di più o avrei pianto di meno, non lo so. Se fossi stato meno emotivo, più colto, ordinato e preparato e serio avrei scritto un bellissimo articolo commemorativo con una analisi ragionata dell'opera omnia del Camaleonte del Rock (dio, che definizione cretina!...) e avrei spiegato perché ascoltarlo e cosa ascoltare, quali album privilegiare e avrei certamente accennato alle suenumerosissime produzioni e collaborazioni, e Lou Reed e Iggy Pop e Mick Ronson e la cocaina e l'esoterismo e il presunto neofascismo e il sax e, e, e, e, e...
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...Can you hear me Major Tom?...


Orlando
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Family end (condivisione)

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[Da un po' non mi riesce di scrivere un post sui fumetti che sia uno e mi capita sempre più spesso di condividere articoli scritti da altri. Se poi sono come quelllo che spero andrete a leggere, li condivido ancor più volentieri! Ecco il testo di Massimo Citi: Family end]

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"Su questa interminabile storia delle coppie, gay o non gay, se n'è discusso già abbastanza, penso. Come se ci fosse motivo per discutere o contestare il sacrosanto diritto di ognuno di vivere con qualcun altro, uomo, donna, gatta o delfino. "
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Tutto fuorché i fumetti - perdita followers

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Qualsiasi cosa pur di non scrivere di fumetti?...
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Il blocco non passa, leggo fumetti e non so assolutamente cosa dire (scrivere) a riguardo.
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Significa che non mi sono piaciuti? No: mi sono piaciuti, invece. Ma non so proprio cosa accidenti scrivere. Il blocco è più serio di quanto temessi.

E' arrivato finalmente l'atteso momento della chiusura del blog?

Può darsi; ci ragiono ancora un po' su e a breve deciderò.
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Nel frattempo perdo followerscome se piovesse, e una qualche ragione ci deve pur essere: gestisco l'unico blog che perde lettrici e lettori "fissi", beh, è pur questo un primato... ma al di là del mio (egoistico) dispiacere, la perdita di followers è un dato estremamente significativo.
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"Cancellarsi" da un blogè un'operazione che comporta una precisa volontà e un certo numero di "click": io stesso l'ho fatto due volte con due blog verso i quali provavo disaffezione e - verso uno di essi - una qual certa irritazione (post ad alto contenuto sessista/maschilista).
Mi rendo quindi conto che decidere di non apparire più nella lista followers di un blog è sintomo di qualcosa di preciso, sempre.
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Potrebbe essere una pura antipatia nei miei confronti (della qual cosa non mi fregherebbe un'accidente che sia uno) oppure la stanchezza dei miei scritti lagnosi oppure ancora di insoddisfazione per il mio trascurare i fumetti!

Oppure tutte e tre le cose.

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Potrei cambiare titolo e sottotitolo e chiamare questo blog "I ca**i personali di Orlando" (sottotitolo: con ogni tanto qualche raro commento sui fumetti").

A prescindere dalla qualità della scrittura, che resta quel che è ossia non granché elevata, la voglia di scrivere - in generale - non solo non m'è passata, ma m'è addirittura aumentata!
Ma è una voglia di scrivere sterile, ora come ora, in quanto eminentemente sfogatoria, autoindulgente, caotica.
E' come se mi fosse venuto, con amplissimo ritardo rispetto all'età nella quale normalmente appare, un desiderio incontenibile di tenere un diario.
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I diari sono (o almeno erano) una delle cose più segrete al mondo; al diario - spesso fornito non a caso di lucchetto - si confida(va)no i propri sogni, talvolta i più inconfessabili, le proprie aspirazioni, i desideri e qualunque altra cosa sia o fosse privatissima. Esclusi i diari di viaggio o quelli scritti con il preciso intento di essere un giorno pubblicati.
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Il web e i blog e i social in particolare hanno però modificato radicalmente - anche senza la nostra esplicita approvazione - qualsiasi concezione di privacyavessimo precedentemente. E hanno modificato anche - con nostra totale e incondizionata approvazione - qualsiasi concezione di ego avessimo prima.
Per quanta umiltà e modestia e candore predichiamo, se abbiamo un blog è perché vogliamo essere letti ed essendo letti nutriamo il nostro ego che sempre meno accetta di restare al chiuso nella propria stanzetta a pensare, e magari a fare e a risolvere.
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No: oggi il pensiero - che sarebbe in realtà la cosa più privata che possediamo - dev'essere pubblico e la risoluzione del problemi condivisa e aiutata dagli altri blogger e dai visitatori del blog.
Sto generalizzando,magari tutto quanto scritto finora vale solo per me: ecco un'altra fregatura dell'abitudine al "pensiero pubblico" e cioè che spesso lo scrivere giustifica se stessi e i pensieri sottesi.
Un po' come dire: signore, signori, non vedete quanta sincerità metto in queste mie parole? Sono nelle vostre mani! Potreste mai non fidarvi di un pensiero esposto così nudo e crudo, datovi col cuore in mano?
La sincerità "vince" 2 a 0 sull'analisi, il dato, la ricerca delle fonti, il contenuto. Autoreferenzialità pura. Ego soddisfatto.
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Mi ritrovo qui e ora a scrivere cose sincere - e anche molto private - mentre invece avrei voluto scrivere considerazioni il più possibile intelligenti e stimolanti sui fumetti che leggo.
Fumetti di Carta, appunto, e non Diario di un post-adolescente un po' depresso.
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Nelle quotidiane e lunghe peregrinazioni sul web, la mia assoluta preferenza va decisamente e irrevocabilmente ai contenuti! Se poi essi sono scritti in una forma anche simpatica è un punto in più, un tanto di guadagnato. Ma non è la"simpatia" che cerco: frequento prevalentemente blog che parlano di fumetti, cinema, letteratura. Personalmente non m'importa un fico secco della "simpatia" di chi scrive, m'importa bensì dei contenuti e se essi sono per me di una qualche utilità. [Per utilità intendo arricchimento, conoscenza, stimolo a nuove considerazioni su argomenti già noti ecc. Non l'intendo come convenienza.]
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Certo: guarda caso la maggior parte dei blog che seguo e amo sono gestiti da persone telematicamente simpatiche e questo va benissimo [1], ma la cosa più importante per me resta il fatto che scrivono contenuti che mi interessano. [Ho detto "la maggior parte" eh! Tra i miei preferiti ce ne sono un paio gestiti da persone con le quali probabilmente non mi troverei molto volentieri a prendere un caffè. Ma, ribadisco, chi se ne importa? I loro contenuti mi sono comunque utili e sono interessanti].
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Sto soffocando tra le spire de"il segno dell'autore è pulito, la sceneggiatura mai pesante, i personaggi sono vivi, gli ambienti ben descritti, l'ironia ben bilanciata e l'emozione mi sopraffà obladì obladà"... queste cose che vado ripetendo da anni non vogliono dire un ca**o. Equivalgono a un "mi piace"con parole di contorno, fuffa che copre la mia mancanza di idee e di cultura sull'argomento.
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Per dire cose intelligenti su qualcosa è necessario conoscere molto bene quel qualcosa e per conoscere bene qualcosa bisogna studiare e fare esperienza, robe da cui sto alla larga come dal fuoco...
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Oggi ho fatto un lungo giro su blog che normalmente non frequento; apparentemente il giro era "casuale", ma dopo un po' ho capito che stavo cercando qualcosa. Stimoli e soluzioni, per la precisione.
Sono dunque passato da "come scrivere almeno 4 post al mese" a "come fidelizzare i lettori"[e le lettrici?...], da "come promuovere al meglio il vostro blog" a "cosa scrivere" [...c'è gente più confusa di me in giro, eh?...] fino a "come scegliere gli argomenti di cui parlare" e addirittura "perché aprire un blog" [madò...].
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Ammetto che, col mal riposto senso di "ironica superiorità" che talvolta mi assale [2] mi sono ritrovato a sorridere pensando che a quei problemi mi parevano un po' assurdi.
Non capivo, infatti, come si possa aprire un blog senza avere dannatamente chiaro gli argomenti da trattare! [3]
Mentre ero lì che giudicavo con supponenza sono andato violentemente a sbattere contro la mia stessa supponenza: mi sono ritrovato, mi sono proprio ritrovato, altro che ironica supponenza, dovrei guardare e criticare innanzitutto me stesso!
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Eccomi qui che faccio tanto il sincero e il simpatico ma poi io per primo barcollo e mi ritrovo a non sapere "cosa scrivere", a non sapere "quali argomenti dei quali trattare sul mio blog", a spaventarmi e preoccuparmi per aver perso dei "followers" e a sentirmi dannatamente in colpa per aver scritto ben meno di "4 post al mese"... fino al non sapere nemmeno più "perché tengo aperto questo blog"!.
Allora, chi ride di chi adesso?
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Dunque eccomi qui, con l'ennesimo "post" tanto, tanto sincero, che però non parla di fumetti, cosa che sarebbe invece l'obiettivo e lo scopo stesso di questo blog.
Anzi, a dire il vero lo scopo originale di questo blog era di "parlare di fumetti in modo emotivo"(Fumetti Emotivi era un altro dei nomi candidati, quindici anni fa... madò!), come dicevo in questo sussiegoso e ridicolmente ambizioso statement dell'epoca che oggi mi provoca solo risatine e tantissimo imbarazzo. [e no, non lo cancello perché mi serve come promemoria].
Ma oggi... andiamo! Ma chi se ne frega dell'emotività che quel fumetto mi ha provocato o scosso!
Non m'interessa più parlare di fumetti in quella maniera adolescenziale. Restoun adolescente nell'anima, ma ora non credo più che questa sia una cosa positiva.
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Dunque siamo al punto di partenza.
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Potrei elencare, giusto per pararmi un minimo il culo, i fumetti ho letto/sto leggendo in questo periodo. Oppure/inoltre potrei elencare i libri che sto leggendo in questo periodo (forse dai loro titoli si capirebbero un paio di cosette importanti, che sto cercando appunto di capire io stesso...).
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Per quanto riguarda il fumetto mainstream sono indietrissimo con la Marvel: sono a due-tre mesi di distanza da Secret Wars (di cui però so già quasi tutto in quanto mi sono volontariamente andato a leggere tutti gli spoilers possibili e immaginabili), ma continuo a leggere ristampe di materiale antico (l'omnibus di Nova, ad esempio). Quindi sto leggendo Avengers, Incredibili Avengers, un paio di X-testate, Thor naturalmente e Devil e il Miracleman di Neil Gaiman (questa volta l'autore si può dire!), oltre a qualcos'altro che certamente dimentico.

Della DC Comics seguo ahimé pochissime cose: Flash/Wonder Woman, Dark Universe, le ristampe della JLI e i volumi inediti di Shade e di Animal Man.

Sul fronte edicola divoro immediatamente, nonostante possieda già quei numeri (tutti imbustati...), i volumoni di Satanik, mentre purtroppo mi è toccato quasi-sospendere a tempo indeterminato gli - un tempo regolari - acquisti Disney (sigh), eccezion fatta per Uack! che acquisto regolarmente.

Manga: ne prendo molti, ma ho talmente tanti arretrati da leggere che vi risparmio la triste sequela di titoli cui seguirebbe un triste "ancora da leggere"...

Sul fronte delle case editrici indipendenti, o comunque più piccole delle solite major, seguo sempre con enorme piacere le pubblicazioni di Eris Edizioni e di MalEdizioni (a presto, spero, un mio commento sullo stupendo, stupendo volume Remi Tot in Stunt, di Martot) e certamente di altre case editrici che in questo momento colpevolmente dimentico.
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E poi chissà quant'altro tra inediti e ristampe e digital comics... d'altronde ho la casa piena di fumetti, comprese le famose "pile di arretrati" che mi guatano ormai feroci...

Diversa è la situazione libri... peccato - si fa per dire - che in questo blog non parlo di libri (oltre che non parlare di fumetti...), avrei ancora meno strumenti per poterlo fare, rispetto ai fumetti. Questa cosa un po' mi intristisce: uno passa cinquant'anni anni a leggere e non riesce a farsi un minimo di strumenti culturali per parlare in modo intelligente di un romanzo, un saggio, una biografia... Che posso dire: sono un lettore distratto.
Eppure non sono l'unico: mi consola pensare che milioni di personenon aprono un blog per parlarci delle loro letture!
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Dunque, dicevo, le mie letture di libri sono un po' meno caotiche, più continuative in questo periodo e il livello di coinvolgimento personale è altissimo. Sto affrontando la lettura, o in alcuni casi rilettura, di alcuni classici della letteratura - italiana e non - che stanno provocando in me una vera e propria rinnovata passione viscerale per la lettura. Le emozioni che provo sono fortissime e il piacere della lettura mi avvolge totalmente facendomi, sul serio, vibrare l'anima.
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Ai meravigliosi libri di Elsa Morante, Doris Lessing, Christa Wolf, Dacia Maraini, Primo Levi, Carlo Cassola, Pier Paolo Pasolini, Francis Scott Fitzgerald, Jorge Luis Borges, Aldous Huxley, Consolata Lanza (et alii) che sto divorando senza posa, alterno autobiografie come quella splendida e commovente di Patti Smith, o quella decisamente meno bella di Neil Young (continua a suonare, smetti di scrivere!) e ancora Pete Townshend degli Who o la biografia di Bob Marley. E poi saggi storici, filosofici (Nietzsche in particolare), sulla mitologia, su varie branche dell'esoterismo e sulle religioni. Il tutto nel giro di questi ultimi mesi; direi meglio: ultime settimane!
Questo per dire che non mi mancano gli stimoli né l'interesse.
E' proprio questo blog che non va, non riesce a decollare, a fare un minimo salto di qualità; ovverosia sono io a non riuscire a far fare al blog questo passaggio.
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Va bene, basta così, il resto prosegue nella mia mente con riflessioni circolari che, per ora, non portano a granché.
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Pubblico questo imbarazzante scritto (l'imbarazzo è reale, esce dai confini virtuali per ripercuotersi nella mia vita, spero comunque per pochissimo tempo; mi sto sputtanando ben bene, no?) anche per scaramanzia, io che non sono superstizioso, nel senso che dopo questa figuraccia pubblica che farà sghignazzare quelle persone che mi leggono nonostante mi detestino,sarò costretto a prendere una decisione, che sia chiudere, che sia sforzarmi per migliorare, che sia quel che sia.Qualcosa sarà.


Questa volta i commenti li lascio aperti: chissà che qualche buona idea, consiglio e pacca sulla spalla (o schiaffone ben dato) non mi aiutino a ripigliarmi da questo blocco che mi sta un po'logorando l'esistenza.

With a Little Help From My Friends.

Orlando 

p.s. Nel frattempo consiglio vivamente a chi non l'ha ancora fatto di visitare i blog che sono sulla colonna a destra. Per leggere, finalmente, qualcosa di interessante sui Fumetti. 
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Note:
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[1] Chiarisco una cosa che forse non ho mai chiarito: quelli che si vedono lì a destra non sono tutti i blog o i siti che seguo: ce ne sono altri che, volutamente, non ho inserito in quella colonna.

[2] tanti anni fa un tipo mi disse che avevo un "complesso di superiorità mascherato da complesso di inferiorità". Oh, tutto può essere, anche per un post-freudiano come me :)
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[3] A una Lucca di qualche anno fa - lo giuro sulla testa di Camillo - un ragazzo che col suo bel portfolio era in coda da un editor amico mio cominciò a chiacchierare con me e mi disse che avrebbe voluto disegnare Diabolik. E subito aggiunse: "Di cosa parla Diabolik?" E io, sbigottito: "Ma scusa, vuoi disegnare Diabolik e non sai di cosa parla???" e lui, un po' vergognoso: "Eh... non l'ho mai letto...". Vi ricordo che ho giurato sulla testa di Camillo.




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Remi Tot in Stunt

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Remi Tot in Stunt
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di Martoz
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volume brossurato con bandelle,
320 pagine a colori
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euro 22
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MalEdizioni/ collana ConSequenza!
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PRIMA DOMANDA
"PERCHE' MAI UN MOTOCICLISTA DOVREBBE PRECIPITARE DALLA TROPOSFERA?"
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Mi piace molto il fatto - meglio: l'idea - che il mio, spero definitivo, "sblocco" da scrittura avvenga per parlare di quello che, anche se siamo solo a Febbraio, so già che sarà uno dei miei volumi a fumetti preferiti del 2016!
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La serata della presentazione di Remi Tot in Stunt era cominciata sotto i peggiori auspici: pioveva, tirava vento e avevamo trovato parcheggio parecchio lontano dal locale. Inoltre non era di venerdì o di sabato bensì di martedì, giorno usualmente non dedicato alle uscite serali. Il libro di Martozavevo cominciato a leggerlo soltanto quello stesso pomeriggio e quindi avevo addosso l'ansia di non arrivare "preparato" alla presentazione.
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La cosa migliore era che finalmente avrei visto dal vivo le persone che hanno dato vita a  MalEdizioni, una delle case editrici indipendenti cui Fumetti di Cartaè affettivamente più legato [1].
L'altra cosa buona era che pur avendo cominciato il volumone solo quel pomeriggio, ne ero già perdutamente innamorato!
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Luigi Filippelli, Nadia Bordonali (MalEdizioni) e Martoz
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Da una mezz'ora prima dell'inizio della presentazione sullo schermo del locale si susseguono immagini tratte da Remi Tot in Stunt: il mio compagno, immediatamente, dice "Picasso!" e sì, c'è Picasso nel volume  e inoltre io ci vedo un po' di Crepax, non per lo stile di disegno, ma per il modo di raccontare. Come potrete vedere dalle immagini qui riprodotte, a livello di segno, Martoz e Crepax non hanno praticamente nulla in comune; eppure se la mia sensazione è stata così forte e non mediata da un esame razionale un motivo ci deve essere: credo che ad accomunare i due - per lo meno nella mia testa - sia una certa libertà nella costruzione della pagina e anche l'uso della suddivisione delle vignette nella tavola, o dell'assenza della sua suddivisione; inoltre in molte delle tavole di Martoz, così come accadeva in quelle di Crepax, c'è un iperproduzione di cose (oggetti o altro) mentre altre tavole hanno un soggetto a fuoco e sono prove di qualsivoglia sfondo.
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Per il resto, dove Crepax (e poi basta, lo lascio in pace, ché qualcun* magari si è già fatta l'idea di trovarsi di fronte a una specie di "clone di Crepax", che per carità nulla di più sbagliato!) era barocco e quasi lezioso nel segno, Martoz è deciso, anzi aggressivo, graffiato e senza dubbio ci sono altri aggettivi qualificativi che mi verranno in mente più oltre.
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Durante la presentazione ho chiesto all'autore quali sono stati i fumetti che, da piccolo o da ragazzo, lo hanno fatto sognare e la sua risposta avrebbe potuto scioccare un po' chiunque, ma non me: Superman e Lorenzo Mattotti. Non vedo contraddizione né incompatibilità. Anzi a dire la verità la risposta mi è piaciuta molto perché ogni persona viene influenzata, iniziata vorrei dire, alle proprie passioni da ciò che è presente in casa durante la propria infanzia. Martoz è stato fortunato, perché Superman e Lorenzo Mattotti sono due personaggi - uno fittizio, l'altro reale - che in quanto a sogni, tecnica ed emozioni possono dare moltissimo ad una giovane persona.
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La carriera di Martoz inizia con un orientamento che al fumetto privilegia l'illustrazione, così ci ha raccontato l'autore durante la presentazione del volume. Ma ora che è illustratore e fumettistainsieme ha numerosi progetti che - ci ha detto - sottoporrà a precise e specifiche case editrici perché secondo lui ogni casa editrice ha peculiarità che la rendono adatta a un certo fumetto e non ad un altro, idea che personalmente mi trova completamente d'accordo.
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Remi Tot in Stunt non avrebbe potuto essere fatto che da MalEdizioni: la giovane casa editrice bresciana ha trovato una sua peculiare strada indipendente che parte da fumettisti e autori portoghesi e prosegue con giovani autori italiani, esordienti o meno, e si occupa anche di narrativa non disegnata. Nadia BordonalieLuigi Filippelli, anime della casa editrice e giovani anch'essi, con l'esperienza come editori hanno sviluppato un fiuto particolare per scovare i talenti che andranno a far parte del loro catalogo.
Martoz ne è un felicissimo e lampante esempio.
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La storia (le storie)..


Riconoscendo la mia pessima, pessima fama di "riassuntore" (?) preferisco che a parlare sia la bandella di copertina:
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"Remi Tot è uno stuntman della realtà: un geniale matematico in grado di intrufolarsi nelle geometrie segrete degli eventi, uno spregiudicato funambolo dell'imprevisto che si sostituisce a persone coinvolte in immani catastrofi... [...] La sua missione è tuffarsi nel caos e uscirne vivo."
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Il volume di Remi Tot in Stuntè formato da una struttura a domande, ogni domanda è un capitolo, un'avventura del protagonista e tutte insieme formano la storia di Remi Tot.
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La struttura di base delle avventure che formano il volume prevede che il nostro protagonista, in base a super-complessi calcoli fisico-matematici, entri in certi speciali "flussi di realtà" temporale e spaziale per salvare certe persone - e non altre - da disastri e catastrofi. I suoi salvataggi prevedono rischi mortali per Remi e solo la sua genialità nei calcoli e il suo incredibile talento come stunt possono salvarlo da morte certa. Niente supereroi però, Remi non ha costume o mantello, anzi intende mantenersi il più discosto e anonimo possibile; l'unica caratteristica che potrebbe renderlo riconoscibile è la lente sinistra dei suoi occhiali, perennemente scheggiata.
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Motocicletta, sci, mongolfiera, seggiovia, trattore, torpedone, portaerei... non c'è mezzo di trasporto che lo stunt Remi non sia in grado di usare - guidandolo e/o manipolandolo - per portare a compimento le sue missioni, sempre potenzialmente suicide e che comportano ogni volta perdite economiche di milioni e milioni di dollari.

...sarebbe tutto troppo lineare (no, non lo sarebbe comunque, ma lasciatemelo dire per amor di commento [2]) se Remi non avesse anche lui la sua nemesi, un nemico che vuole vederci chiaro in mezzo a tutte queste catastrofi, esplosioni, morti e sopravvissuti: il detective Malone e il suo assistente Kurtis... Vogliono vederci chiaro perché dietro, o a lato, di tutto ciò pare ci sia sempre una figura, una persona con la lente sinistra degli occhiali perennemente scheggiata, unico elemento - questo - che sono riusciti a raccogliere.
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Se Malone - il capo - è la classica figura da detective hard-boiled tetragono e convinto "a priori", Kurtis si dimostrerà figura più interessante e con una rosa di sfumature più complessa (anche se non c'è da aspettarsi nessun deuteragonismo: Remi Totè presente nel 99% delle tavole del volume e l'attenzione è catalizzata su di lui, sempre o quasi... )

Ogni capitolo del volume, come dicevo, è introdotto da una domanda - a cui non necessariamente verrà data risposta, o per lo meno non sarà scontato aspettarsi risposte lineari e unilaterali - fino ad arrivare ad un ultimo capitolo in cui ci scontreremo con un finale coinvolgente, inaspettato e originale, non vi anticipo se aperto o chiuso.

Come ogni storia complessa, anche Remi Tot possiede più livelli di lettura e anzi uno dei suoi pregi è quello della potenziale rilettura infinita: personalmente l'ho già letto tre volte e ne ho ricavato ogni volta impressioni ed emozioni diverse, oltre a scoprire ogni volta nuovi livelli, inside jokes, messaggi cifrati e un'infinità di suggestioni e sfumature estetico-emozionali sempre diverse.
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Disegni.

QUINTA DOMANDA.
"PUO' IL PROTAGONISTA DI UN FUMETTO COMPIERE TALI IMPRESE SOLO PER IL DELIRIO ADRENALINICO CHE COMPORTANO?"
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I disegni di Martoz in  Remi Tot sono un'abbuffata nient'affatto indigesta, un menù ricchissimo, uno shock e un godimento per gli occhi e l'anima!
Tavole iperdettagliate, tavole quasi astratte, tavole decisamente astratte, tavole in b/n e tavole piene di colore; anzi a proposito di colore: intere sequenze del libro sono rappresentate mono/bi-cromaticamente.
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Tutto è descritto con un segno personale, debitore di molteplici stili e a sua volta eventuale canone per nuovi stili e approcci al fumetto. Lo potete vedere ad esempio nelle immagini a corredo di questo scritto, che sono comunque parzialissime e rendono in minima parte la complessità del suo stile. Martoz ha la capacità di usare il suo segno potente e aggressivo in molteplici modi, tutti a mio giudizio estremamente efficaci ed esteticamente gradevoli.



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Martoz passa da un'iperabbondanza di colori, a un bianco e nero al monocromatismo in modi narrativamente perfetti così come perfetto,  a mio giudizio, è il complessivo effetto estetico e mentale che l'alternanza di colore/bn/mono/bi-cromatico provoca in chi legge. Bianchi e neri "tecnici" e freddi, come se lo sguardo si allontanasse dalla scena e la descrizione avesse una valenza emozionale più trattenuta; esplosioni di colori, oppure oggetti coloratissimi dentro scenari mono/bi-cromatici come a sottolinearne la particolare importanza, e infine sequenze di tavole iperdinamiche nelle quali azione ed emozione si attorcigliano e accelerano il battito cardiaco!
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Pare banale, ma fare la stessa cosa con un altro tipo di linguaggio (per esempio un linguaggio che comporti movimento, sia esso per immagini o per suoni, non controllabile direttamente da chi ne fruisce) mantenendo contemporaneamente la sensazione di "essere dentro ciò di cui stiamo fruendo"è pressoché impossibile.

Analogo discorso per le parole: abbiamo tavole e tavole senza parole, nelle quali l'azione è così serrata che le pagine vanno sfogliate veloci per non perdere il ritmo, quasi che Remi potesse sfuggirci alla vista e sparire tra una closure e l'altra senza farsi ritrovare: il bello dei fumetti (e dei libri) è la possibilità di tornare indietro, guardare, riguardare e fermarci quanto accidenti vogliamo, contemplare un disegno o una frase per tutto il tempo che ci pare e poi riprendere a correre alla velocità che ci serve o che l'autore ci suggerisce.

Oppure ancora, come nella splendida sequenza onirica di Remi - tutta disegnata in b/n - di parole non ce n'è davvero bisogno ché, anzi, esse potrebbero distrarre dalla ridda di emozioni e domande che, sfogliando quelle pagine, necessariamente ci poniamo. (Qui sotto un'immagine parziale della lunga, suddetta sequenza)
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I super-complessi calcoli matematici che servono a Remi per introdursi nelle geometrie segrete del tempo e dello spazio sono anch'essi parte della storia (anche se grazie al cielo non è necessario comprenderli per capire lo svolgimento dei fatti... fiuuuu!) ma per noi anime scientificamente ignoranti sono soprattutto elementi grafici, esteticamente importanti e godibili quanto gli altri disegni del volume: sembrano anzi decorazioni effettuate in una antica scrittura simil-cuneiforme, aggiungono potenza visiva e l'occhio le segue affascinato.
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Per quanto riguarda i miei gusti e la mia esperienza personale, e sempre tenendo conto che il volume mi è piaciuto tantissimo nel suo complesso e nella sua inscindibile interezza, devo dire di essermi esteticamente innamorato soprattutto dei "paesaggi" di Martoz, di queste sue incredibili tavole sovrabbondanti, traboccanti di qualsiasi cosa (anche le più strane e imprevedibili...), pazze nel senso più artistico e positivo del termine, fantastiche da guardare per interi minuti scoprendovi infiniti particolari e intrecci mistici, nuovi livelli, strati di messaggi estetici da decifrare per il nostro puro piacere di lettori e lettrici.
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Sarebbe persino inutile da dire, ma lo dico ugualmente per chi non si fosse ancora sintonizzato su questa giovane, coraggiosa e ottima,cribbio!, casa editrice, quant'è bello e curato sia l'oggetto-libro in ogni dettaglio, e non mi sarei aspettato niente di meno dalla MalEdizioni che in quanto a cura e a rapporto qualità-prezzo ci sta viziando parecchio! 
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Un'ultimissima considerazione è che a mio parere Remi Tot in Stunt ha le potenzialità per piacere a moltissimi lettori e lettrici: la diversità, la ricchezza e la varietà di temi e stili possono essere goduti da un'amplissima fascia di persone; unica condizione è che siano persone appassionate di fumetti, dato che il linguaggio usato da Martoz è squisitamente, artisticamente fumettistico. (Ciò non toglie che da questa storia se ne potrebbe trarre un frizzantissimo film!)
Buona, anzi buonissimalettura!


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Note:

[1] Di MalEdizioni abbiamo parlato QUI, QUI, QUIe QUI. Sono orgoglioso di poter dire che sono stato il primo in Italia a (cercare di) raccontarvi i loro bellissimi volumi.
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[2] Spero di poter dire, un giorno, che scrivo "recensioni". Ognun* chiami i miei scritti come vuole, ma ad oggi non sono ancora in grado - obiettivamente - di scrivere delle vere recensioni.
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Dad

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Dad - Professione papà
vol. 1: Le ragazze di papà

di Nob

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brossurato, 64 pag., colore

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euro 14,90
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Tunué/ collana Tipitondi
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Certe volte i pregiudizi... Avevo visto in rete delle immagini di Dad e pur trovandole veramente graziose - è difficile resistere a quei disegni così carini! - avevo altresì dedotto, praticamente deciso, che quel volume non faceva esattamente per me. E beh, insomma, sono un uomo ben più che adulto e sarebbe ora di crescere un po', magari dovrei leggere cose un po' più serie e maggiormente adatte al mio target e blablabla.
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Dad
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E' bastata una sfogliata il volume vero e proprio per innamorarmi di questo volume che in ultima di copertina contiene la prescrizione della giusta età di lettura: "per lettori dagli 8 ai 99". [Immagino vada benissimo anche per le lettrici dagli 8 ai 99 anni] Quindi ci sono dentro anch'io e posso star tranquillo.
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L'autore di questo spassoso e dolcissimo volume Dad - Le ragazze di papàè il quarantatreenne francese Nob (preudonimo di Bruno Chevrier), vincitore in giovane età del concorso per nuovi talenti indetto dall'editore Glénat, famoso Oltralpe per fumetti ancora inediti in Italia, come Bogzz, Mon ami Grompf ed altri, tra cui Mamette una nonnina "dolce come un confetto"[1] e del suo spin-off I ricordi di Mamette, due volumi dei quali sono editi in Italia da Tunué anch'essiper la collana Tipitondi (e che faranno parte quanto prima della mia collezione).
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Ondine, Roxane, Dad con Beberenice in braccio e Pandora
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Dad è la più recente creazione e produzione di Nob e promette molto bene: tanto per cominciare si tratta di una lettura godibilissima sia dai bambini e dalle bambine che dalle persone adulte.
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Come tutte noi persone appassionate di fumetti andiamo ripetendo da tempo, se nessuno offre ai bambini e alle bambine dei bei fumetti da leggere, non ci sarà quell'auspicabile ricambio generazionale che, esso solo, potrà fare in modo che il Fumetto non si estingua col trapasso a miglior vita dell'ultimo/a di noi "vecchi". Questa non è una "spiritosaggine" o una battutaccia a effetto, ma la normalissima e "scientifica" realtà.
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Leggere fumetti, ossia immergersi in uno dei più grandi e sopddisfacenti piaceri della vita, è un'operazione molto più complessa di quanto non si possa pensare: il linguaggio dei fumetti è complesso e dunque se non si comincia a leggerne e goderne da piccoli, è difficile se non impossibile cominciare a farlo da adulti. Quindi smettiamo di sognare l'immortalità e, come si suol dire, facciamoci due conti...
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L'aggettivo che più mi è venuto in mente leggendo Dad è stato "delizioso" perché l'umorismo di Nob è garbato e dolce, ma non per questo meno divertente: confesso di aver sorriso beatamente per tutta la durata della lettura del volume alla faccia del mio pregiudizio iniziale.

Dad è il dolcissimo papà di quattro adorabili figlie avute da donne diverse (non è chiaro se ognuna delle quattro ha una madre diversa dalle altre): in ordine crescente di età abbiamo la piccolissima Berenice, detta "Bebèrenice", che ancora non parla e che ha un character design che farebbe addolcire sorridendo anche il peggiore degli orchi; la piccola Roxane dai capelli rossi che frequenta le elementari ed è un adorabile terremotino; la teen-ager Ondine, dai capelli tinti di rosa e alle prese con i primi problemi di cuore e infine Pandora detta "Panda", la più grande delle quattro, neo-studentessa universitaria (o forse all'ultimo anno delle scuole superiori). Ognuna di esse ha una propria, spiccata personalità e proprie peculiari caratteristiche ben costruite dall'autore: quattro protagoniste che grazie ai loro caratteri rendono vivacissima la family-comedy.
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Dad, di Nob - Tunnué
click per ingrandire...e guarda come si chiama la scuola di Ondine
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Dad è un ex-attore che oggi fatica un bel po' per trovare qualche particina in spot pubblicitari peraltro sempre comicamente imbarazzanti; nonostante lo facciano spesso ammattire è certamente felice di vivere con le sue quattro amatissime figlie, le quali a loro volta non danno tregua al paparino: lo sfottono, ne criticano il suo essere un po' mollaccione, prendono in giro la sua più che incipiente pancetta, i capelli che cominciano a diradarsi, il suo rifiuto per qualsiasi attività fisica-sportiva e la sua preoccupante tendenza a sperimentare in cucina...  Si grida tanto in quella famiglia, ma circola anche tantissimo amore.
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E' una famiglia nella quale è facile e dolce identificarcisi, perché è una famiglia che esce dai ruoli imposti (e oramai vetusti), è una famiglia vivace e allegra, piena di strilli, di risate e di litigi. Mi piacerebbe molto vivere con loro, anche se non dubito che sarebbe faticoso: cinque personalità così diverse tra loro, spesso in conflitto... ma litigi o no, il cuore di ognuna di loro è pieno d'amore per gli altri componenti della famiglia.
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Per la maggior parte il libro è strutturato in ministorie, normalmente della durata di una tavola e che finiscono sempre con una spassosa gag. E' un modo di raccontare molto usato in altri fumetti francesi (mi vengono in mente il celeberrimo Titeuf, oppure altri meno recenti come il Gaston di André Franquin) ed è di facile lettura, ma di tutt'altro che facile costruzione. In questo modo di raccontare è fondamentale tenere sempre molto alto il ritmo e seppure dev'esserci un po' di "ripetitività" nelle situazioni, è però proibita la ripetitività delle gag, pena l'immediata noia.
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Noia che è completamente assente in questo volume: le gag sono praticamente tutte ben costruite e riuscite e divertimento e tenerezza non abbandonano mai la lettura, fino all'ultima pagina. In un fumetto che si basa in fondo su un morbido e quotidiano slice of life, non dev'essere facile evitare scorciatoie, banalità e furberie varie: Nob sidimostra molto bravo a maneggiare materiale così "fumettisticamente poco attraente", e anche così universalmente sfruttato, rendendo il suo fumetto frizzantissimo, coinvolgente e - lasciatemelo ripetere - delizioso.
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E' interessante notare la completa assenza delle madri di Berenice, Roxane e Ondine: fa eccezione - ma giusto per poche vignette - la madre di Pandora. La situazione del "ragazzo"-padre non è molto presente o considerata nei fumetti e vedremo come si svilupperà nei prossimi volumi.
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Certo è che Dad non avrebbe intenzione di restare single a vita, infatti ci prova - sempre in modi non sessisti (altro punto a favore del volume) - con alcune delle signore che incontra. Dad è un personaggio tenerissimo che non teme di lasciar trasparire il suo lato più fragile, sia lui che le quattro figlie sono infatti personaggi (persone) molto umani, con un buon bilanciamento tra pregi e difetti: è quasi impossibile non affezionarsi a queste cinque persone chiacchierone (Bebérenice in effetti ha ancora un modo tutto suo di chiacchierare...) e casiniste.
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Degli accattivanti disegni di Nob potete farvene un'idea guardando le immagini in questa pagina: le figure sono tondeggianti e "pacioccose", cartoonesche e non-realistiche, le proporzioni anatomiche sono caricaturali e tratteggiate in modo da suscitare simpatia - specialmente Berenice è un fagottino irresistibile! - e ogni minimo particolare è curatissimo, dagli interni sempre ricchi ai dettagliatissimi esterni. I colori - con abbondanza dei primari - piaceranno molto a bimbi e bimbe in quanto caramellosi e facili da identificare.
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Detto francamente, sono ben felice di aver superato il mio iniziale pregiudizio su questo volume, che mi sono gustato divertendomi molto e altrettanto intenerendomi. Ne consiglio la lettura a chiunque, che sia o meno appassionato/a di fumetto umoristico; e anzi consiglio di prenderlo in considerazione come regalo per figli e figlie e nipoti, propri o di amici, calcolando che avrete fatto un doppio regalo, visto che ci si potranno divertire sia i piccoli che i grandi.
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Buona lettura, buon divertimento e buoni sorrisi!
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p.s.Molto prossimamente qui su Fumetti di carta si parlerà ancora di Tunué: restate sintonizzat*
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Note:

[1]"...l'adorable Mamette, une mamie douce et sucrée, comme les choux à la crème dont elle raffole."
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Fumettomania presenta: la Mediateca del Fumetto

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Fumettomania Factory presentaLa Mediateca del Fumetto
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Mario Benenati (al centro) alla Palermo Comic Convention del 2015
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Mario Benenatiè un amico che da decenni si occupa di fumetto, prima come semplice lettore appassionato, poi dal 1990 come creatore, coordinatore e vera e propria anima  della fanzine/prozine Fumettomania.

La Mediateca del Fumettoè un progetto che Mario,insieme agli amici e ai soci dell'associazione Fumettomania,sta mettendo in piedi a Barcellona Pozzo di Gotto, in provincia di Messina. 
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Guardate il video - sono pochi e interessanti minuti! - di presentazione del progetto di crowfunding e, se potete, aiutate Mario e Fumettomania a realizzare questo bellissimo progetto.
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...e poi andate a leggere nel dettaglio sul sito di Fumettomania, e per favore dedicate altri cinque minuti per leggere l'ottimo "riassunto" sul sito dell'altrettanto ottimo Luca Boschi.
Grazie!

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ALIA

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ALIA Evo 2.0
L'Arcipelago del Fantastico

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di Silvia Treves, Massimo Citiet alii
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e-book
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oltre 500 pagine
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disponibile in formato .epub QUI
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disponibile in formato .mobi QUI
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euro 5,99
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CS_Libri editore
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L'ho preso ieri sera!
Sono un fan di ALIA sin da quando l'ho scoperto (era ancora in edizione cartacea e mi procurai tutti gli arretrati) alcuni anni fa: racconti del fantastico - in tutte le sue accezioni - sempre di elevatissima qualità, tomi poderosi con un sacco di bellissimi racconti da leggere.
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Diciassette autori/autrici per oltre cinquecento pagine a un prezzo abbordabilissimo!
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E' proprio grazie ad ALIA, tra l'altro, che ho conosciuto una delle mie scrittrici preferite: Consolata Lanza (ne ho parlato qui).
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Personalmente ne attendo ogni nuova uscita con ansia, mi aspetto sempre molto da questa antologia e regolarmente le mie aspettative vengono ampiamente soddisfatte!
Non posso farne una "recensione" in quanto, come ho detto poco sopra, ho preso l'ebook soltanto ieri sera.
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Quello che segue è il comunicato preso da LN Libri Nuovi, il sito curato da alcuni degli autori/autrici di ALIA. Fateci un salto, check it out!
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«ALIA è una parola che non esiste nella lingua italiana.
Solo per il momento, forse.
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Ma per un gruppo di persone, autori e lettori, ha un significato ben preciso fin dal 2003, ovvero dalla data della prima edizione di un’antologia divenuta leggendaria.
Significa fantastico – gotico, steampunk, space opera, distopia, horror, fantastico quotidiano, ghost story, fantasy, weird – scritto da autori italiani e autori stranieri. Siamo arrivati alla dodicesima edizione e alla seconda edizione in formato digitale.
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Ma questa dodicesima edizione ha una particolarità: è scritta soltanto da autori italiani. Diciassette autori che hanno deciso di unirsi in un’operazione bizzarra e inattesa nel panorama italiano, accostando i loro testi e creando un’antologia di cinquecento pagine. Un’antologia virtuale, perché l’edizione elettronica è una conferma alla nostra visione corale della narrativa.
Siamo fuori moda, lo ammettiamo.
Siamo superati; collaboriamo piuttosto che litigare, leggiamo prima di scrivere, pensiamo prima di parlare.
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Il risultato l’avete davanti a voi: un testo felicemente ricco di sfumature e carico di visioni: allucinanti, spaventose, remote o malinconiche.
Il viaggio di ALIA continua.»
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Maledetta balena

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Maledetta balena
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di Walter Chendi
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volume unico
cartonato, 164 pag., colore

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euro 16,90
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Tunué
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Certi incontri nascono da un equivoco.
Ci è voluto più di qualche secondo per realizzare che non conoscevo l'autore di Maledetta Balena: avevo subito pensato, in effetti stupito, a un altro Chendi (che amo fin da quand'ero bambino).
Evidentemente l'equivoco ha portato bene, perché ora apprezzo ben due Chendi autori di fumetti.

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L'autore del volume di cui parliamo è Walter Chendi, vincitore del premio Gran Guinigi nel 2010 per il suo volume a fumetti La Porta di Sion (edizioni BD), triestino classe 1950, di cui potete leggere biografia e bibliografia direttamente sul suo sito.
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La mia conoscenza di Walter Chendi, a parte l'equivoco precedente, è partita con un piccolo shock: alla tavola 8, e poi alla 10 e alla 13 di Maledetta Balena ho pensato che non avrei retto la lettura.
Tre tavole di una tale violenza - che alcuno direbbe "grafica" -
che mi hanno spaventato, inorridito (si possono vedere in anteprima qui). Tre tavole non strillate, tantomeno gratuite, anzi fondamentali per la comprensione non solo della storia che ci accingiamo a leggere, ma del significato stesso della guerra, attività che in sé non ha davvero nulla di "poetico".  Tre tavole di un realismo impietoso che "spiegano" la guerra più di un milione di libri.

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Sono ipersensibile, lo so; eppure penso che se guardando quelle tavole qualcuno riuscirà a essere indifferente, ebbene forse è quel qualcuno ad avere qualche problema emotivo...
Voglio comunque rassicurare le altre persone ipersensibili come me: oltre a queste tre fortissime tavole, nel corso del volume non incorreremo più in scene così crude. Vale la pena di affrontare un "piccolo shock" iniziale per godersi la bellezza e la profondità di Maledetta Balena.

La storia è raccontata da un narratore onnisciente, si svolge contemporaneamente su due linee temporali: il 1943 e il mese di luglio di un "oggi" non troppo definito - ma certamente contemporaneo.
Il protagonista è il ventiquattrenne Giovanni Dardini nel 1943 e l'anziano Giovanni Dardini oggi, più che ottantenne, confinato in un letto d'ospedale.

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Le due linee temporali sono unite dai ricordi del protagonista, oggi anziano e molto malato e nel 1944 marinaio del Regio Esecito Italiano"comandato" alla Kosbörg, grossa nave originariamente costruita per la Svezia e rifiutata dal committente (ispirata alla nave svedese Stockholm), ormeggiata al largo diSan Nereo, luogo/non-luogo, forse esistente, forse no. 

Il nostro Giovanni del 1943 soffre di terribili incubi a seguito di un attacco navale subito in precedenza (di cui testimoniano le tre terribili tavole di cui sopra); ma non riesce a farsi esonerare dal servizio militare:
"Gli incubi ce li hanno tutti! Non rompere le palle! Stai benone!"
e viene quindi "comandato" in servizio alla nave Kosbörg, la "balena", la sua destinazione. Una "balena" di lusso in cui Giovanni avrà funzione di cuoco; quello che c'era prima è sparito, si è suicidato o ha disertato, chissà.
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Ma Giovanni è anche in ospedale, oggi, più che ottantenne (direi più che novantenne), grave, entra ed esce da un sonno indotto da droghe. Non è sicuro, Giovanni, di quello che vede e che sente, le parole arrivano ovattate e poi quand'è che dorme e quand'è che è sveglio? Quand'è oggi, quando tanti anni fa, su quella nave?
Di sicuro c'è che è stanchissimo e non vuole stare lì, stare lì in ospedale è come morire, mentre su una nave a ventiquattro anni non si pensa certo di morire. E poi ha freddo ai piedi.
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All'ospedale il signor Giovanni è accudito da "Madame Orphin" affascinante infermiera di cui il malato non conosce il vero nome. Forse è venuto qualcuno a trovarlo, ma proprio non riesce a ricordare. E anche mangiare è così faticoso.
Madame Orphinè gentile, forse un po'distante, ha un bel corpo. Ci tiene ai suoi malati? E cosa vuole quel gabbiano poggiato sulla testiera del letto di fronte, quel gabbiano che pare lo segua dal 1943?

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Cosa faccia e quali funzioni abbia chi abita la "balena", perché la nave resti ancorata, dove vadano a finire tutti i viveri fatti acquistare dal capitano sono tutti misteri che Giovanni scoprirà. A disposizione ha una enorme dispensa con centinaia di coperti (piatti, bicchieri, posate, tovaglie...) ma per quanto riguarda il cibo l'abbondanza non è la stessa e ingegnarsi per far quadrare il pranzo con la cena è il suo non facile compito.

"E' truccata da nave ospedale. Solo a tribordo. Verso sud, per risparmiare.
Siamo la guardia. Siamo la manutenzione. Siamo... Siamo i soldati più fortunati di tutta la guerra. concordi?"
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Tra i segreti che Giovanni scoprirà il più bello e il più importante sarà Liliana la figlia del capitano - il comandante Antonio Argentero - che a sentire il padre ha solo quindici anni, ma forse non è proprio così.
Giovanni dovrà portare i pasti a Liliana tutti i giorni, di nascosto dagli altri e ha anche giurato sulla testa di sua madre, il giuramento più sacro!, di non tradire il segreto.
Ognuno ha i propri segreti e sulla
Kosbörg ce ne sono tanti e forse non tutti innocenti. Ma Liliana resta il segreto più bello.
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Anche "oggi" in ospedale ci sono dei segreti, o forse solo delle cose complicate da capire, come per esempio cosa ci fa quel gabbiano sulla spalliera del letto di fronte e perché ora le sue piume sono diventate nere come la notte?...
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La storia dei "due" Giovanni, quello giovane del 1943 e quello molto vecchio sul letto d'ospedale, continua coi suoi incroci e coi suoi salti temporali, tra il racconto di ciò che accadde sulla nave e i pensieri del vecchio nel suo letto d'ospedale. Sono la stessa persona, il Giovanni di oggi è anche - soprattutto, anzi - il frutto di quello che è successo tantissimi anni fa sulla Kosbörg: come allora anche oggi ci sarà una battaglia da combattere, da vincere; una battaglia di tradimenti, fughe e misteri.
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Walter Chendiè riuscito a bilanciare perfettamente tutto quanto e la storia non perde mai il suo essere avvincente, nemmeno quando le tavole riguardano il letto d'ospedale; gli incroci temporali, i passaggi da un'epoca all'altra, sono gestiti con gran delicatezza e non interrompono mai il flusso della narrazione che anzi diventa via via sempre più avvincente e appassionante.
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In realtà la storia è una eil protagonista è uno soltanto, la bella sceneggiatura dell'autore ci permette di non sentire mai distaccodistanza tra i tempi e Giovanni, l'unicoGiovanni Dardini, è una persona, lui e il suo passato e il suo presente sono un tutt'uno e io che leggo ne percepisco intimamente l'unità, il dolore, la confusione, l'estrema bellezza dei suoi atti, di quelli che l'autore ha scelto di raccontarci, passati o presenti che siano.
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Anche se voglio evitare al massimo eventuali spoiler non posso esimermi dallo scrivere che il finale della storia, splendido e commovente, è cosìliberatorio... magari non nel senso comune del termine, ma i sentimenti che provoca sono umani e potenti e - sì: liberatori.

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Sul Walter Chendi disegnatore la mia suprema ignoranza tecnica mi impedisce, come sempre, di scrivere cose particolarmente intelligenti: se non vi convincono le vignette qui riprodotte non so cos'altro potrebbe farlo.
Lo stile è realistico senza essere pedante; è evidente una costante ricerca della migliore inquadratura possibile, senza voler strafare con inutili "sperimentalismi" o giochi di prospettiva, a meno che non siano utili e funzionali alla narrazione. Lo storytelling è definito e usato con mano così sicura che chi legge quasi non s'accorge di girare pagina.

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Le caratterizzazioni sono tutte accuratissime, anche quella della più modesta comparsa e i personaggi sono rappresentati in modo da risultare persone vere con spessori e sottigliezze, morbidezze, difetti, vera carnosità. Lo stesso vale per i paesaggi e gli animali.
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Mi pare che il ruolo dei colori sia più simbolico che descrittivo: pur mantenendo una solida base realistica, la scelta dei colori nelle varie situazioni crea stati d'animo, più che effetti di realtà concreta.
Da sottolinearel'uso originale, direi quasi spregiudicato,  se non addirittura rischioso, delle onomatopee che entrano a far parte della narrazione in modo "rumoroso" e con caratteri e colori che potrebbero rischiare un momentaneo"sbilanciamento" con la narrazione: personalmente ritengo che un tale "sbilanciamento" sia stato sfiorato in un paio di tavole, ma per tutte le altre il gioco dell'originalità onomatopeicaè ben riuscito.
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Infine oltre a consigliare caldamente la lettura di Maledetta Balena segnalo che sul blog Cosa sono le nuvole (che trovate anche lì a destra tra i miei preferiti) c'è una bella e molto interessante intervista a Walter Chendiche vi consiglio altrettanto caldamente di leggere
                                                                                                          




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Presentazione ALIA EVO 2.0

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SABATO 16 APRILE 2016
ore 16.00 - 18.00
presso il MU.FANT.
Museo del Fantastico e della Fantascienza
di Torino 
in Via Reiss Romoli 49b
Presentazione di ALIA EVO 2.0
Con lettura di brani tratti dall'antologia. 
NON MANCATE!!!! 
 
 
 
 
.ALIA Evo 2.0: per la prima volta un Alia interamente italiano e a detta di qualcuno  un’ottima antologia. Evidentemente gli italiani hanno imparato a scrivere fantastico. 507 pagine (!!!), diciassette autori e diciassette storie che si possono trovare qui in formato kindle e qui, presso LN-LibriNuovi in formato .epub e .rtf. Sempre € 5,99.
 
 
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